sabato 11 novembre 2017
Al vertice Apec, una dichiarazione congiunta di Putin e Trump sulla Siria: lotta al Daesh, integrità territoriale e sovranità
La stretta di mano fra Trump e Putin al vertice Apec in Vietnam (Ansa)

La stretta di mano fra Trump e Putin al vertice Apec in Vietnam (Ansa)

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Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, riferisce che il presidente russo, Vladimir Putin, gli ha ribadito di non essersi intromesso nelle elezioni presidenziali Usa del 2016, in cui Trump è stato eletto alla Casa Bianca. Trump ha riferito che lui e Putin hanno avuto due o tre conversazioni molto brevi nel corso del summit per la cooperazione economica Asia-Pacifico (Apec) in Vietnam. «Abbiamo parlato a intermittenza durante la tavola rotonda. Pare che abbiamo un buon feeling e un buon rapporto considerato che non ci conosciamo bene», ha aggiunto Trump.

A margine del vertice Apec, è stata inoltre diffusa una dichiarazione congiunta di Trump e Putin sulla Siria, in cui i due leader hanno confermato il loro impegno nella lotta al Daesh, impegno che continuerà fino alla sconfitta del sedicente Stato islamico. Lo riferisce il Cremlino. I due presidenti hanno anche confermato il loro impegno per la sovranità, l'indipendenza e l'integrità territoriale della Siria. La nota, ha fatto sapere il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, è stata messa a punto dagli "sherpa" dei due Paesi, e poi concordata dai ministri degli Esteri, Serghei Lavrov, e Rex Tillerson, che si sono incontrati a margine del vertice in Vietnam.

Nei giorni scorsi si era parlato di un possibile incontro a due fra Trump e Putin, sul quale alla fine non si è trovato un accordo. Stando a quanto riferito da Trump, i due si sarebbero comunque parlati, seppure brevemente. Al momento della fotografia ufficiale del summit, Trump si è avvicinato al leader russo e i due si sono stretti la mano scambiandosi qualche parola. Il presidente Usa ha poi toccato sulla spalla Putin e dopo questo breve contatto entrambi si sono diretti al ricevimento separatamente.

«Abbiamo sentito che il presidente Donald Trump voleva incontrare il presidente russo Vladimir Putin ed è stato un desiderio espresso dallo stesso Trump: cosa dicono i suoi burocrati da quattro soldi non lo so, domandate a loro», è stato ieri il commento stizzito del ministro degli Esteri russo Sergeij Lavrov a chi gli chiedeva del mancato incontro bilaterale fra i due leader.

Trump attacca la Cina sui commerci

Nel corso del summit Apec a Danang, Trump è tornato peraltro a scontrarsi con la Cina, a poche ore di distanza dalla sua visita ufficiale a Pechino. Il tycoon ha avuto un approccio duro, dichiarando che gli Usa «non tollereranno più i cronici abusi nel commercio » che hanno subito finora e portato a forti squilibri nella bilancia commerciale a stelle e strisce. Il presidente cinese Xi Jinping, invece, dal palco del vertice che riunisce le ventuno economie dell’Asia-Pacifico (che insieme contano per circa il 60% dell’economia globale), ha sottolineato che «la globalizzazione è un processo irreversibile» e che deve essere, semmai, «più aperta, inclusiva, equilibrata e di maggiore beneficio per tutti».

L’intervento di Trump era molto atteso come indicazione della direzione che prenderà l’Amministrazione americana. Trump ha fatto un discorso concentrato soprattutto sui rapporti commerciali. «Ci aspettiamo che i mercati siano aperti a un grado paritario su entrambi i lati, e che gli investimenti privati, non la pianificazione governativa, diriga gli investimenti», ha dichiarato, richiamando anche per i suoi interlocutori alcuni fondamentali della sua linea dottrina, l’America First. «Metterò sempre l’America al primo posto, allo stesso modo in cui mi aspetto che voi, in questa sala, mettiate al primo posto i vostri Paesi». Ad ascoltarlo, in platea, Paesi che, in gran parte, stanno ancora prendendo le misure rispetto all’uscita degli Stati Uniti dall’alleanza commerciale del Tpp, Trans-Pacific Partnership, decisa proprio all’inizio del suo mandato.

Prosegue l'inchiesta Usa sul Russiagate

Sul fronte interno, intanto, continua l’inchiesta del procuratore speciale Robert Mueller sul cosiddetto Russiagate, le presunte intrusioni russe nelle elezioni presidenziali Usa a favore proprio di Trump. Ieri il Wall Street Journal ha riferito che Mueller sta indagando su un presunto piano dell’ex consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Michael Flynn, per consegnare alla Turchia il predicatore Fethullah Gülen, accusato da Ankara di essere la mente dietro il tentato colpo di Stato del luglio 2016. Il consigliere di Trump, licenziato dopo solo 24 ore dalla sua nomina, e suo figlio Michael Flynn Jr, sarebbero stati pronti a ricevere 15 milioni di dollari per rapire Gülen dalla sua casa negli Stati Uniti e consegnarlo al governo turco.

I dossier caldi: Siria, Corea del Nord, Ucraina e stabilità strategica

SIRIA. Secondo il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, "è interesse comune per entrambi (Usa e Russia, ndr) avere il tempo necessario per discutere la questione" siriana. Per Peskov, la situazione in Siria sta migliorando "ma c'è bisogno di sforzi congiunti per raggiungere un nuovo livello qualitativo nel processo di pace. Tutto ciò - ha proseguito il portavoce della presidenza russa - richiede in qualche modo cooperazione". Ad Amburgo il faccia a faccia tra Putin e Trump "produsse" un cessate il fuoco nel sud-ovest della Siria e l'obiettivo di arrivare ad "accordi positivi per entrambi".

UCRAINA. La questione ucraina è stata già al centro di un incontro tenutosi giovedì tra il vice ministro degli Esteri russo Ghennadi Gatilov e l'ambasciatore Usa in Russia John Huntsman. Negli scorsi mesi l’ambasciatrice all’Onu Nikki Haley ha parlato ancora di “occupazione russa”. "Finché la Russia e i separatisti che lei sostiene non rispetteranno la sovranità e l'integrità territoriale, questa crisi continuerà", ha evidenziato Haley, ribadendo la condanna per "l'occupazione russa della Crimea" e aggiungendo: "La Crimea è una parte dell'Ucraina. Le nostre sanzioni collegate alla Crimea resteranno in vigore finché la Russia non restituirà il controllo della penisola all'Ucraina". Una posizione che per Mosca resta però assolutamente troppo dura.

COREA DEL NORD. Da Seul, nei giorni scorsi, Trump ha chiesto esplicitamente a Cina e Russia di aumentare la pressione sulla Corea del Nord contro i suoi piani nucleari e missilistici. Washington continua a ripetere che “tutte le opzioni sono sul tavolo”, minacciando di fatto anche un intervento militare contro il regime, dalle conseguenze difficilmente immaginabili. Mosca invece da tempo tira il freno. Al momento, lo ha ammesso il portavoce del Cremlino, non esiste alcuna cooperazione tra la Russia e gli Stati Uniti sul tema della Corea del Nord. Vi sono stati "solo scambi periodici di opinioni", troppo poco per ipotizzare una rapida intesa.

STABILITA' STRATEGICA. È un aspetto a cui la Russia tiene particolarmente, è che è condotto dal vice ministro degli Esteri russo Ryabkov e dal sottosegretario di Stato per gli affari politici statunitense, Thomas Shannon. Secondo Dmitri Suslov, esperto di relazioni russo-americane al Valdai Club, il think tank di politica estera più vicino al Cremlino, "difficilmente si arriverà a risultati concreti in tempi brevi, ma l'obiettivo fondamentale ora è non permettere il crack definitivo delle condizioni del sistema di controllo degli armamenti, che per ora è conservato grazie al Trattato sulle armi nucleari a medio raggio (Inf) e il New Start, il trattato sulla riduzione delle armi nucleari.

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