Non rabbia ma preghiera. Chi si aspettava una manifestazione anti- Obama, a due giorni dalla sua festosa cerimonia d’insediamento alla Casa Bianca, si sbagliava. Molti dei partecipanti alla Marcia per la vita – che ogni anno occupa pacificamente il centro di Washington nell’anniversario della legalizzazione dell’aborto negli Usa – erano qui anche il 20 di gennaio. «Per applaudire l’investitura di Obama, un momento storico per il Paese», sottolinea Lesha Johnson, studentessa di Pittsburgh. Qualcosa mancava però a quella celebrazione, e 200mila e più attivisti per la vita lo hanno voluto aggiungere ieri: la speranza che l’America sia capace di mettere da parte non solo la discriminazione contro i neri, ma anche quella contro i bambini non nati. «A scuola abbiamo studiato la storia della conquista dei diritti civili per i più deboli e le minoranze – spiega la 18enne Kathleen Carlson, che ha viaggiato per 10 ore di fila da Indianapolis per essere qui – ma c’è ancora un capitolo di quella storia che va scritto, e spero che Obama se ne renda conto ». Non tutte le persone che ieri hanno marciato in preghiera verso il Campidoglio erano tanto ottimiste. Camminando lungo Pennsylvania Avenue, la strada della Casa Bianca, uno degli organizzatori, Eugene Ruane, faceva notare che per la prima volta da otto anni non si aspetta che il presidente mandi una lettera o faccia una telefonata ai promotori della manifestazione, come faceva puntualmente George W. Bush. «Abbiamo invitato anche Barack Obama a partecipare, naturalmente», dice. La lettera inviata al nuovo occupante dello Studio Ovale invocava la sua «leadership per fermare l’uccisione intenzionale e quotidiana di tremila bambini e bambine non-nati e la traumatizzazione della mente, del cuore e del corpo di altrettante donne incinte». Lo staff di Obama non ha risposto. «È un peccato – continua Ruane –, perché milioni di persone, non solo quelle che sono qui oggi, temono che le azioni della sua Amministrazione aumentino il numero di aborti praticati negli Stati Uniti ogni anno, già scandalosamente alti a più di un milione e 300mila». E infatti un’indagine pubblicata ad inizio anno dai vescovi cattolici americani evidenziava che quattro americani su cinque vorrebbero imporre limiti più severi alla legalità dell’aborto e che circa il 40 per cento vorrebbe vedere l’interruzione di gravidanza autorizzata solo in caso di stupro, incesto o per salvare la vita della madre. Ma non per questo c’era risentimento nei volti che ieri guardavano con curiosità alla Casa Bianca. Le labbra di tutti erano impegnate più che altro dalla preghiera, che chiedeva il perdono di Dio per un’intera nazione che è caduta nel peccato di abbandonare i suoi cittadini più inermi. Oppure dalla discussio- ne di che cosa fare per ridurre il numero delle vittime dell’aborto. Una delle iniziative l’ha proposta la Conferenza episcopale statunitense. I vescovi hanno preparato e distribuito migliaia di cartoline che i partecipanti alla Marcia sono invitati a spedire ai loro rappresentanti alla Camera e al Senato e che dicono “No al Foca”. Il “Freedom of Choice Act” è da anni all’esame del Congresso e, se approvato, negherebbe ai singoli Stati il diritto di promulgare leggi che limitino la prassi dell’aborto. In campagna elettorale Obama ha detto che, se i legislatori approvassero la misura, sarebbe disposto a firmarla. Di qui la mobilitazione del movimento per la vita, anche se alcuni analisti politici fanno notare che promulgare il Foca non sarebbe nell’interesse del neo- presidente o del suo partito. «Sarebbe un atto pesante, che lo distrarrebbe da altri obiettivi – spiega Daniel Larison della rivista American Conservative, presente ieri alla manifestazione – lo costringerebbe a difendersi dall’accusa di essere un estremista. Per non parlare del fatto che potrebbe portare alla chiusura di molti ospedali cattolici». La marcia intanto aveva raggiunto la Corte suprema, dove 36 anni fa sette giudici (contro due che si erano opposti) promulgavano la famosa sentenza Roe vs Wade, che rendeva legale l’aborto. Nessuno si aspetta che durante i quattro, forse otto anni della sua Amministrazione, Obama nomini giudici che dichiarino incostituzionale quella sentenza. Per questo alcuni attivisti per la vita si stanno concentrando su obiettivi più immediati, come programmi che aiutino le giovani donne a continuare gli studi o che forniscano assistenza medica e psicologica gratuita prima e dopo la nascita di un bambino. «Sono iniziative che possono ridurre il numero degli aborti – spiega James Salt del gruppo Catholics United – e ci aiutano anche a tenere vivo il dibattito sull’aborto, se non come questione politica, di certo come questione morale». I cartelli a favore della difesa della vita: la Marcia di ieri ha visto la partecipazione di oltre 200mila persone a Washington In basso, un altro momento della manifestazione (Reuters)