Il Pentagono diventerà green - REUTERS
Il Pentagono si tinge di verde ma (forse) anche un po’ di rosso. Rosso cinese. La provocazione arriva da Asia Times. Che ha messo in fila i fatti. Primo: la svolta green del ministero della Difesa a stelle e strisce, voluta fortemente dall’Amministrazione Biden. Il Pentagono dovrà installare pannelli solari sul tetto per produrre energia pulita. L’obiettivo è la riduzione del 65% delle emissioni di gas serra derivanti dalle strutture federali entro il 2030 e la creazione di un portafoglio edilizio a zero emissioni entro il 2045. Nel piano c’è quindi anche il Pentagono che rientra nei 31 siti governativi che stanno ricevendo 104 milioni di dollari in sovvenzioni dal Dipartimento dell’Energia. Finalità: raddoppiare la quantità di elettricità senza emissioni di carbonio nelle strutture federali e creare 27 megawatt di capacità di energia pulita, sfruttando al contempo più di 361 milioni di dollari in investimenti privati.
Secondo Brendan Owens, vicesegretario alla Difesa Usa per l’energia, i progetti miglioreranno “la resilienza e l’affidabilità energetica del Pentagono e di altri siti militari negli Stati Uniti”. Owens ha definito l’uso dell’energia “al centro di tutto ciò che facciamo”.
Secondo: negli Usa otto pannelli solari installati su dieci provengono dalla Cina. Anche se l’Amministrazione volesse aggirare il blocco cinese e acquistare pannelli di fabbricazione americana, “il silicio e il polisilicio necessari per i pannelli solari proverebbero comunque dalla Cina”. Se il Pentagono punterà sull’energia solare per il suo funzionamento, avrà bisogno di enormi batterie. Le batterie saranno basate sul litio e la Cina ne è il secondo produttore mondiale. “Sei delle dieci maggiori aziende produttrici di batterie agli ioni di litio del mondo sono in Cina. Dal gigante asiatico proviene il 79% di tutte le batterie agli ioni di litio entrate nel mercato globale nel 2021 e si prevede che Pechino rimarrà il Paese leader nella produzione di batterie agli ioni di litio nel 2025”.
Terzo fatto (in forma dubitativa): il Pentagono potrebbe essere costretto a fare ricorso alla tecnologia cinese. E l’imperativo del “Buy America” finirebbe per essere disatteso. Come peraltro accaduto sistematicamente negli ultimi tre decenni da “quando computer, laptop, modem e altri dispositivi elettronici di fabbricazione cinese vengono utilizzati regolarmente anche nei sottomarini nucleari strategici”. Con quali rischi per la sicurezza nazionale a stelle e strisce?
Il caso Pentagono mette a nudo la preminenza raggiunta dalla Cina nel settore dell’energia pulita. Un primato, peraltro, destinato a consolidarsi. Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia, come indicato nel rapporto Renewables 2023, la Cina rappresenterà il 56% della capacità aggiuntiva di energia rinnovabile nel periodo 2023-2028. Secondo il rapporto, Pechino aumenterà la capacità rinnovabile di 2.060 gigawatt (GW), mentre il resto del mondo arrancherà a 1.574 GW. Dietro la Cina si posizionano l’Unione Europea e gli Stati Uniti, rispettivamente con 429 GW e 337 GW.