Uno dei consigli che gli ex presidenti, come gli storici della Casa Bianca, ripetono più spesso a un nuovo comandante in capo americano è di non navigare a vista – seguendo la crisi del momento – ma di tenere lo sguardo fisso sui propri obiettivi di lungo termine. Ma se la crisi è tanto profonda, essa rischia di far saltare quegli obiettivi? Per il premio Nobel Robert Lucas, economista liberista dell’Università di Chicago, dove Obama ha insegnato legge per anni, la recessione nel mezzo della quale il nuovo presidente si trova ad insediarsi è tanto seria da mettere a rischio i suoi piani più ambiziosi.
Professor Lucas, crede che la recessione costringerà l’Amministrazione Obama a rimandare alcune delle sue promesse durante le elezioni? L’emergenza economica inevitabilmente distrarrà l’attenzione del presidente da altri programmi. Ci saranno difficoltà e contrattempi.
Obama ha detto che con il suo pacchetto di salvataggio da 700 e più miliardi di dollari intende depositare un «acconto» per i suoi piani più ambiziosi. Riuscirà a saldare il conto? Obama è ottimista sull’esito del suo piano di salvataggio dell’economia, anche perché il Congresso sembra intenzionato ad approvarlo senza troppo scrutinio o ritardo, e questo gli permetterà di far partire molti progetti che non sono necessariamente necessari a risollevare l’economia.
Intende dire che ha usato il pacchetto per far approvare in fretta alcune sue misure di politica interna che non hanno nulla a che vedere con la recessione? Vi ha infilato una serie di piani dai contorni molto generali. Per la riforma della sanità e delle pensioni e per la conversione alle energie rinnovabili, ad esempio sta preparando il terreno lanciando investimenti nelle infrastrutture necessarie, rimandando le riforme vere e proprie a data da destinarsi. Ma io preferirei tenere le due cose separate: i programmi temporanei per farci uscire dalla recessione ora e quelli a lungo termine dopo.
Cosa pensa che stia sperando di ottenere Obama scegliendo questo percorso? Quello che Obama vuole ora dal Congresso è un assegno in bianco da riempire più tardi con i dettagli. E non mi sorprende che lo stia ottenendo. Tutti i nuovi presidenti all’inizio godono di un ampio capitale politico. È la luna di miele con i legislatori di cui ogni presidente gode all’inizio del suo mandato.
Ma quella di Obama rischia di essere corta. Perché? Dopo aver approvato il pacchetto, i membri del Congresso vorranno rivedere ogni voce di spesa prima di autorizzarla. Questo provocherà ritardi.
Che cosa dovrà rimandare? Di certo non può permettersi di rimandare troppo la riforma della sanità, né la revisione delle regole finanziarie, dopo lo sfacelo che abbiamo visto. Anche i più liberisti come Alan Greenspan hanno ammesso che è ora di regolamentare gli strumenti finanziari più bizantini. In questo senso Obama ha già fatto un primo passo importante nominando l’ex numero uno della Federal Reserve Paul Volker a capo di una commissione di studio sui possibili interventi.
Obama sostiene che i suoi interventi creeranno milioni di posti di lavoro. Prima parlava di 2, oggi ne garantisce dai 3 a 4. È una promessa realistica? È tutta politica. Sarà l’economia stessa, e non il governo, a creare posti di lavoro non appena si riprende. In America non è mai stato un problema. I livelli alti di disoccupazione sono temporanei. Se facciamo ripartire la spesa – ma non la spesa pubblica, bensì quella dei consumatori e delle imprese – i lavori arriveranno.
Come? Lo strumento più utile e collaudato è la politica monetaria, con i tagli del costo del denaro e gli aiuti alle banche. Questo la squadra di Obama è pronta a farlo, credo fino al punto di prestare denaro pubblico direttamente alle imprese. La politica monetaria è lo strumento anti- recessione più efficace. Ho invece dubbi sull’utilità degli stimoli fiscali. I programmi di cui Obama ha parlato sembrano spostare i capitoli di spesa: togliere un po’ da una parte per aggiungere dall’altra. Non sono certo che avranno grandi risultati.