La Public Libray di New York
La città che non dorme mai è stata costretta a fermarsi. Le luci sono ancora accese. Quelle di Broadway, quelle dei cartelloni che hanno reso Times Square il “centro del mondo”, e ogni singola lampadina che illumina un palcoscenico così che i fantasmi possano tenere i propri spettacoli nei teatri vuoti. E le brillanti luci della grande metropoli – «bright lights, big city» – immortalate nel titolo del primo romanzo di Jay mcInerney e nel blues di Jimmy Reed.
La pandemia ha però premuto il tasto “pausa” proprio nel mezzo della colonna sonora della Grande Mela, senza preavviso, imponendole la quiete. Il fragore delle costruzioni, il clacson dei taxi, il rombo di motori di autobus, camion, motociclette, il fischio dei treni in corsa, il ribollire del “melting pot”, le parole di milioni di persone che sovrappongono indistintamente lingue e dialetti di ogni tipo. D’un tratto il suono è cessato ed è sceso il silenzio, surreale quanto assordante. Quella cacofonia che colpisce i visitatori e i nuovi arrivati, ma che accompagna ogni minuto della vita dei newyorchesi e li culla anche nel sonno, è svanita. Per un minuto, le orecchie ne sono state grate. Subito dopo però l’udito si è teso in cerca della familiarità, di quella New York che conoscevamo e che se n’è andata. E che potrebbe non tornare troppo presto.
Però, un rimedio alla nuova nostalgia è giunto – tra tutti i luoghi più improbabili – dalla Public Lybray, la biblioteca pubblica sulla Quinta. L’istituzione che compie quest’anno i 125 anni di vita, e che è forse più nota per essere un luogo di silenzio per i frequentatori delle sale della NYPL che per promuovere il rumore. La sua determinazione a preservare gli aspetti storici della città ha però portato alla creazione del progetto sonoro che si chiama “Missing sounds of New York”, una compilazione di otto registrazioni di altrettanti momenti “scomparsi” pre–pandemici della metropoli. Queste tracce – ascoltabili gratuitamente su Spotify o sul sito della biblioteca, NYPL.org – non commemorano eventi straordinari, quanto piuttosto quei suoni comuni che i neworchesi in lockdown si sono accorti di agognare, o per lo meno, hanno riconosciuto facciano parte della propria identità. Con la collaborazione di un centinaio di persone, l’agenzia digitale Mother New York ha ricostruito la vita familiare utilizzando audio d’archivio e musicisti locali ottenendo un effetto catartico ed emotivo. C’è ad esempio il pezzo «Vedere uno show sotterraneo» con musicisti che suonano nella metropolitana con il sottofondo del fragore dei treni in corsa; «Out in the left field» per gli sportivi e i fan del baseball e persino «Serenità in un chiassoso parco cittadino», dove al cinguettio degli uccelli e al suono del vento tra le foglie degli alberi si mescolano le chiacchiere della gente, l’abbaiare di cani e il rumore degli zoccoli dei cavalli che trainano le carrozze dei turisti.
Mentre i cittadini della Grande Mela stanno creando una colonna sonora che ogni sera alle 19 si riversa dall’interno delle case nelle strade silenziose con l’applauso e la musica cacofonica diretta agli operatori sanitari che stanno combattendo contro il virus che vuole zittire la città.