Alcuni dei feriti nei bombardamenti del 24 giugno al mercato di Togoga - Afp / Ansa
A sorpresa la guerra oscurata è a una svolta. Da ieri sera tacciono le armi in Tigrai, il premier etiope Abiy Ahmed ha annunciato un cessate il fuoco «unilaterale e incondizionato» all’incirca di tre mesi dopo quasi otto mesi di conflitto iniziato come operazione di polizia interna.
Al termine di una giornata ricca di colpi di scena, l’esercito federale si è ritirato ieri da Macallè, conquistata il 28 novembre 2020 e tornata nel tardo pomeriggio in mano alle forze di difesa del Tigrai legate al Tplf, il fronte popolare di liberazione tigrino. Getachew Reda, portavoce del Fronte, ha confermato che le unità in lotta contro l’esercito federale e gli alleati eritrei hanno ripreso il controllo del capoluogo regionale subito dopo la fuga dell’amministrazione legata ad Addis Abeba. In serata, il secondo colpo di scena: il governo federale etiope attraverso i media filogovernativi ha diramato l’annuncio del «cessate il fuoco immediato» nella regione devastata dalla guerra fino a una imprecisata fine della stagione della semina, quindi a fine settembre.
63mila: sono i profughi scappati
Addis Abeba ha spiegato che la decisione è stata presa per ragioni umanitarie «affinché gli agricoltori possano coltivare in pace, che gli aiuti umanitari possano essere distribuiti e che le forze (ribelli) del Tplf possano riprendere il cammino della pace». Abiy, tornato a rivestire i panni del Nobel per la Pace, ha ufficialmente acconsentito alla richiesta fattagli prima di abbandonare la città dal governo d interim dello Stato regionale.
«Il governo ha la responsabilità di trovare una soluzione politica al problema», ha detto il capo dell’amministrazione provvisoria Abraham Belay, aggiungendo che alcuni elementi all’interno dell’ex partito di governo del Tigrai sono disposti a collaborare con il governo federale. Mano tesa ai nemici, dunque, per fronteggiare una gravissima crisi umanitaria. Centinaia di migliaia di tigrini stanno affrontando la peggior carestia da un decennio. Sono due milioni gli sfollati interni su una popolazione di sei milioni e 2,5 milioni i cittadini cui l’agenzia Onu Pam non è riuscita a distribuire gli aiuti. Migliaia di persone sono state uccise nei mesi di combattimenti e il 70 degli ospedali per cento è stato distrutto.
1,7 milioni: i tigrini che hanno bisogno
Atrocità e violenze, coperti dal blackout informativo, non hanno risparmiato la popolazione civile. Dei massacri sono stati accusati soprattutto i militari di Asmara e quelli di Addis Abeba che avrebbero anche usato stupri di massa e fame come armi di guerra. Onu, Usa e Ue hanno più volte chiesto commissioni di inchiesta indipendenti.
La pressione internazionale sull’Etiopia è aumentata la scorsa settimana dopo che un attacco aereo militare su un mercato ha ucciso più di 60 persone e dopo che venerdi sono stati uccisi tre operatori di Medici senza frontiere. Prima di ritirarsi, gli etiopi hanno fatto irruzione nella sede di Macallè dell’Unicef, che in Tigrai assiste 140mila bambini a rischio fame, smantellando l’impianto di comunicazione satellitare.