venerdì 4 aprile 2025
Il direttore del Foyer Saint Camille di Port-au-Prince racconta del viavai di banditi che arrivano in ospedale a ogni ora del giorno e della notte in cerca di aiuto
Bambini in un rifugio per sfollati nel quartiere Bourdon a Port-au-Prince

Bambini in un rifugio per sfollati nel quartiere Bourdon a Port-au-Prince - Reuters

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“Curare come farebbe una madre che assiste il suo unico figlio malato”. È il motto che scandisce la difficile quotidianità dell’ospedale "Foyer Saint Camille” di Marin, a nord di Port-au-Prince, che dal 2001 offre assistenza sanitaria alla popolazione stremata dalla povertà e dalla violenza. Un’oasi di vita e speranza, dove è stato da poco inaugurato un reparto di neonatologia (sei incubatrici e nove culle) per i bimbi nati prematuri o con malformazioni congenite, nel deserto di una realtà, ogni giorno sempre più drammatica, segnata dalla guerra di tutti contro tutti. Abbiamo raggiunto a telefono il direttore della struttura, padre Robert Daudier, in un raro momento di pausa dalla corsa tra le corsie.

Padre, qual è la situazione al momento?

È terribile. Siamo sotto il controllo delle gang. Ci sono uomini armati ovunque, sono loro che dettano legge, che si atteggiano a re di Haiti. Non c’è più alcuna traccia della presenza dello Stato. Non ci sono uffici pubblici né servizi. La situazione è critica anche per il nostro ospedale con un viavai di banditi che arrivano in cerca di aiuto a tutte le ore del giorno e della notte. Molti sono quelli che fanno irruzione pretendendo attenzione immediata dal personale. Si agitano, minacciano, non sono disposti ad ascoltare. Noi facciamo del nostro meglio per fargli capire che siamo al servizio della comunità e che è nostro dovere prenderci cura di tutti, a prescindere dall’appartenenza a una gang o all’altra. È solo così che siamo riusciti a tenere la struttura ancora in funzione. Ogni giorno abbiamo in media un centinaio di nuovi ricoveri. La maggior parte sono bambini.

Quali sono i problemi per cui vengono ospedalizzati i piccoli?

I bambini arrivano da noi con gravi problemi di malnutrizione e febbre alta. Qualcuno arriva anche con ferite di arma da fuoco. Recentemente, abbiamo dovuto gestire anche casi di gravi disturbi mentali. Questo è un problema sempre più frequente, sia nei piccoli che nei grandi.

Come sono considerati i missionari dalla popolazione locale?

Abbiamo relazioni molto strette con loro, ci considerano importanti proprio per le cure e il supporto che offriamo. Le stesse gang, per esempio, non hanno mai provato ad occupare la nostra struttura. Almeno, fino ad oggi…

Che tipo di attività svolgete, oltre a quella sanitaria?

Il problema principale di Haiti, oggi, è la mancanza di cibo. Noi condividiamo con chi ne ha bisogno tutto quello che abbiamo. Distribuiamo medicine e prodotti per l’igiene e, appunto, generi alimentari. Riusciamo a sostenere circa 500 famiglie in tre mesi. Inoltre, accogliamo e ci prendiamo cura dei bambini disabili che ci vengono affidati. La gente del posto sa che, se non può o non vuole prendersene cura, può portarli da noi che li accogliamo. Al momento ne abbiamo un centinaio.

Si è mai fermato a riflettere sui bisogni spirituali della comunità che assiste?

La gente è disperata e credo che preghi meno rispetto al passato. Forse vanno in chiesa ma non pregano davvero. Hanno cuore come anestetizzato dalla paura e dal dolore.

Cosa vede nel futuro di Haiti? È positivo?

È davvero difficile essere positivi in questo momento. Il futuro di Haiti non può dipendere solo l’intervento assistenziale che arriva dall’estero, dovrebbero essere gli stessi haitiani a prendersi cura del proprio Paese. C’è bisogno di qualcuno che creda davvero nel riscatto della propria terra e che sia capace di costringere tutti a impegnarsi per il bene comune. È questo il motivo per cui non riesco a immaginare un miglioramento prima di almeno un paio d’anni.

Come fa, lei, a sopravvivere a questo inferno?

Sopravvivo concentrandomi sul lavoro. Ho molte responsabilità, oltre alla gestione pratica dell’ospedale, ed è mio compito anche dare forza, coraggio e speranza ai miei 325 collaboratori. Credo che Dio sia con noi, non ci ha mai abbandonati.


Un gesto per i Figli di Haiti: aiuta ad andare a scuola i bimbi della Maison des Anges, l’orfanotrofio sfollato
Si può donare tramite bonifico a:
Fondazione Avvenire ETS
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Causale: Figli di Haiti

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