Raffigurato Gorbaciov nell’abside della chiesa del Sacro Cuore Eucaristico di Gesù a Terni, insieme a Raissa e a papa Giovanni Paolo II. - Casali
Michail Gorbaciov è stato, tra le molte cose, il primo comunista ad entrare in chiesa. Non come fedele, badate bene, ma come icona.
Nel 1990 il frate cappuccino Ugolino da Belluno lo ha infatti ritratto nell’abside della chiesa del Sacro Cuore Eucaristico di Gesù a Terni, insieme a Raissa e a papa Giovanni Paolo II.
L’iniziativa fece particolarmente scalpore, anche perché Gorbaciov - dichiaratamente ateo - non era ancora passato alla storia ma la stava ancora facendo, ed era all’apice della sua carriera politica: ancora presidente dell’Unione Sovietica, era reduce dal premio Nobel per la pace e dallo storico incontro con papa Wojtyla.
A rendere ancora più discussa la singolare opera d’arte è il fatto che dietro i tre personaggi – rivolti verso la mensa dell’Ultima cena - si stagliano le ombre di figure con l’aureola, quasi a santificare ancora in vita i due grandi protagonisti del Novecento (mentre la figura dietro Raissa non ha l’aureola).
Undici anni dopo lo stesso Gorbaciov ammirò il mosaico, accompagnato dall’autore e dal vescovo di Terni Vincenzo Paglia, in occasione della consegna del Premio San Valentino.
Era il febbraio del 2001 e l’ex presidente russo passò un’intera giornata nella città del patrono degli innamorati, ricevendo la cittadinanza onoraria, incontrando i giornalisti e gli studenti delle scuole e partecipando a una marcia per la pace.
“Il problema non sono i governi ma i popoli – aveva detto - Noi abbiamo bisogno del dialogo tra le persone, tra le culture, tra le religioni, fra le istituzioni della società civile; io non vedo altre vie oltre a quella del dialogo e della mutua comprensione”.
Parole che suonano oggi particolarmente profetiche, con la guerra in corso tra Russia e Ucraina. Così come significativo è anche il giudizio espresso su Vladimir Putin, allora appena salito al potere: “Senza capire bene la realtà e il contesto in cui si trova ad operare Putin – ci aveva detto - è impossibile giudicare correttamente e comprendere quella che è stata la sua azione, quelli che sono stati i suoi successi e quelli che sono stati i suoi insuccessi. E per poter dire in una parola soltanto qual è la situazione che lui ha ereditato, questa parola è caos. Nel primo anno di presidenza a lui è riuscito di consolidare la situazione dello stato, ma oggi la questione principale è come andare avanti”.
Altrettanto profetiche le sue parole sulla globalizzazione, sette mesi prima dell’11 settembre: “Se la globalizzazione è soltanto considerare il profitto senza guardare quella povertà che cresce nella maggior parte del mondo, questa sarà un mina che prima o poi scoppierà. Il problema è che il processo di globalizzazione, nell’ultimo decennio, è avvenuto in un contesto di indebolimento delle forme di governo mondiale e delle Nazioni Unite. Va sottolineato l’aumento della divisione fra i paesi ricchi e i paesi poveri e la moltiplicazione dei conflitti che si sono diffusi nel mondo”.
Il premio Nobel per la pace aveva anche messo in guardia da una politica americana che si stava già allontanando da Russia e Cina cercando una supremazia assoluta: “Chi oggi nel mondo globalizzato pensa solamente alla propria sicurezza e non alla sicurezza globale, direi che è fuori del contesto delle sfide attuali mondiali”.