giovedì 24 novembre 2022
Fuoco senza tregua sulle postazioni in Iraq: «A Erbil siamo preoccupati per la possibile avanzata turca». Altre azioni in Siria: nuovi raid contro le basi del Pkk
Gli effetti di un raid turco ad Altun Kupri nel governatorato di Kirkuk in Iraq

Gli effetti di un raid turco ad Altun Kupri nel governatorato di Kirkuk in Iraq - Ansa

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Un nuovo fronte che si potrebbe aprire nel Rojava, il Kurdistan siriano a cui si guarda con apprensione anche a Erbil, la capitale del Kurdistan iracheno. «Qui la vita quotidiana è la stessa di settimana scorsa», assicura il vescovo siro-cattolico di Erbil Nizar Semaan ma «vi è preoccupazione e auspichiamo che tutti agiscano responsabilmente». I timori di una avanzata turca in Siria per creare la “zona cuscinetto” avanzando di 30 chilometri nel Nord Est della Siria, mercoledì sera ha convinto Baghdad ad ordinare di spostare più truppe lungo la frontiera: l’obiettivo è garantire la «linea zero» lungo i confini con Siria e Turchia.

Da domenica si sono intensificati i raid turchi in Iraq contro le basi del Pkk nascoste nella catena del Qandil, come nelle settimane precedenti quelli degli iraniani contro le basi del Pdk e della Lega dei lavoratori non lontano da Koy Sanjaq. «Da alcuni villaggi le famiglie sono scappate per mettersi al sicuro», conclude il vescovo Semaan. Fughe che avvengono periodicamente quando la Turchia colpisce duro le basi del Pkk nei villaggi di frontiera dei governatorati di Duhok, Zako e ad Altun Kupri vicino a Kirkuk. Pezzi di una “guerra a pezzi” e dimenticata hanno fatto ricordare l’accordo turco iracheno degli anni ‘80 del secolo scorso quando, contro l’irredentismo curdo, la Turchia ottenne di poter fare incursioni di 20 chilometri oltre confine. La nuova partita, però, ora è quella in Siria con una possibile avanzata e la creazione di una “zona cuscinetto” che rappresenterebbe la fine dell’autorità regionale curda del Rojava. Alla Turchia serve, però, il «via libera» di Mosca e Washington. Il lavoro diplomatico con Mosca è già iniziato ad Ankara, sfruttando il primato negoziale per la crisi ucraina: «Continueremo a rispondere ai crescenti attacchi da parte di organizzazioni terroristiche nel nord della Siria contro civili turchi nelle zone di confine», ha affermato ieri il ministro della Difesa turco Hulusi Akar in una telefonata al collega russo Sergeij Shoigu.

«Nuovi equilibri» funzionali a garantire un successo internazionale ad Erdogan in vista delle elezioni politiche e presidenziali di giugno. Così, dopo anni di gelo, Erdogan ha affermato che «un incontro con Assad è possibile» dopo aver riattivato i contatti di intelligence tra Siria e Turchia. Lo scorso giugno Mosca aveva negato il via libera all’avanzata di terra turca e due giorni fa al vertice di Astana con Iran e Turchia sulla situazione in Siria Mosca ha rispolverato l’accordo di Adana del 1998 sui confini tra Siria e Turchia che dava la possibilità di incursioni 10 chilometri oltre il confine, ma non a una avanzata in grande stile. Solo mezze dichiarazioni da Washington, alleata dei peshmerga delle Ypg curdo-siriane. Ma il silenzio non riuscirà a disinnescare la bomba ad orologeria: finiti i raid in Iraq a dicembre, secondo la stampa turca inizierà il conto alla rovescia per “azzerare” il Rojava.

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