Scarpone nel piazzale dell'Accademia militare di Tripoli bombardata dai missili due notti fa: almeno 30 le vittime dell'attacco che Haftar nega di aver compiuto - Reuters
Sirte è sotto il controllo delle forze governative di Fayez al-Sarraj. Lo ha detto a Interfax Lev Dengov, capo del gruppo di contatto russo in Libia: "Le forze di Tripoli hanno arrestato dozzine di prigionieri di guerra, sequestrato 20 mezzi e ucciso 50 persone tra i soldati dell'esercito di Haftar". Tuttavia le ostilità continuano ed è possibile che la situazione "possa cambiare", ha precisato Dengov.
Fonti militari delle Forze del generale Haftar segnalano che le loro milizie stanno avanzando a ovest di Sirte puntando verso Misurata, la più importante città schierata con Tripoli.
In Libia la situazione diventa sempre più delicata con il passare delle ore, e da giovedì scorso, quando la Turchia ha votato l’invio dei suoi soldati a Tripoli per sostenere il governo di conciliazione nazionale guidato da Fayez al-Sarraj, il clima è peggiorato progressivamente. Ieri l’emittente al-Arabiya ha detto che le forze dell’uomo forte della Cirenaica, il generale Khalifa Haftar, starebbero avanzando nella città di Sirte e che quelle di Tripoli, si sarebbero ritirate: controllano porto e aeroporto, secondo le stesse fonti. La notizia è stata confermata anche dal Libya Observer, una testata vicina al governo ufficiale di al-Sarraj. La caduta di Sirte nelle mani del generale sarebbe stata resa possibile grazie all’aiuto del gruppo Madkhalita 604, una corrente di stampo salafita, ultra conservatrice e vicina secondo molti alla monarchia saudita.
Quel che è certo è che se venisse confermato che Sirte è caduta nelle mani di Haftar (già in passato erano circolate affermazioni simili, senza riscontro) sarebbe un colpo di grande importanza, considerato che la cittadina è un centro di rilievo per l’estrazione del petrolio. Il numero uno di Bengasi non sembra minimamente spaventato dalle mosse della Mezzaluna, nonostante ieri mattina sia arrivata la notizia che i primi soldati inviati da Ankara sono arrivati sul suolo libico. Quello che si è chiuso, è stato, per il Paese, un fine settimana di sangue. Sabato Haftar ha fatto bombardare la base aerea di Maitiga, vicina all’unico aeroporto funzionante della capitale, perché, questo dicono i media vicini al generale, proprio lì stavano arrivando alcuni mercenari turchi. Successivamente, un raid aereo sull’Accademia militare di Tripoli ha provocato almeno 30 vittime e decine di feriti, fra cui diversi civili, alcuni in gravi condizioni. Il primo attacco è stato rivendicato dalle forze di Bengasi, che però hanno declinato ogni responsabilità sul secondo, nonostante il premier libico al-Sarraj abbia puntato il dito contro il suo rivale e nonostante la carneficina sia stata in un primo momento rivendicata dalla stessa Bengasi. L’inviato Onu, Ghassan Salamé, punta comunque il dito contro «un Paese che supporta». il Maresciallo.
Intanto, domenica sera, in un’intervista televisiva, il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan è tornato a parlare dell’impegno militare della Mezzaluna in Libia. «I nostri soldati non combatteranno – ha sottolineato il capo dello Stato – saranno lì con una funzione di coordinamento. Andiamo a rafforzare la posizione di quello che è un governo legittimo che ci ha chiesto di intervenire. La nostra non è una spedizione di legionari. Lì svilupperanno il centro operativo. I nostri soldati stanno gradualmente andando in questo momento».
Una presenza che ha come obiettivo quello di favorire il cessate il fuoco, insomma, e non un’escalation del conflitto. Rimane però il fatto che la Turchia da una parte e dall’altra la Russia, che sostiene Haftar, hanno entrambe una presenza militare ufficiosa sul territorio, Ankara con i mercenari provenienti dal nord della Siria, Mosca con il gruppo Wagner, secondo molti legato al presidente Vladimir Putin.
Il traffico diplomatico aumenta con il passare delle ore. Ieri a New York si è tenuta una riunione a porte chiuse del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite su convocazione della Russia. L’Unione Europea ha detto che non è ancora in grado di fare sapere quando verrà riorganizzata la missione prevista per oggi e promossa dall’Italia. L’Alto Rappresentante per la politica estera, Joseph Borrell però, ha fatto sapere di essere «molto coinvolto e in costante contatto con tutti i partner rilevanti». Il ministro degli Esteri del club di Bruxelles ha poi detto di essere molto preoccupato per una possibile escalation delle tensioni attorno a Tripoli, adesso che l’offensiva di Haftar sembra diventata ancora più decisa, condannando con fermezza attacchi come quelli all’accademia militare. «L’Ue – ha dichiarato Borrell – fa appello a tutte le parti perché si impegnino in un processo politico sotto la guida delle nazioni unite. l’Unione Europea continuerà a fare tutti gli sforzi possibili per trovare una soluzione pacifica e politica di questo processo».