mercoledì 8 gennaio 2014
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Dall’Italia ai campi profughi che o­spitano in Turchia migliaia di si­riani fuggiti dalla guerra. Disegna un emblematico messaggio di solidarietà la missione compiuta nelle scorse setti­mane dall’associazione culturale Fidem nell’ambito del progetto “Nati Nudi - Sto­ria di una tutina e della mamma che le in­segnò a volare”. Da Perugia, i responsabili dell’associazione sono partiti per Antio­chia, città nel sud della Turchia non lonta­no dal confine siriano e, in particolare, da Aleppo, epicentro degli scontri tra gover­nativi e ribelli. «Nei mesi scorsi – spiega ad Avvenire Manuela Vena, presidente di Fi­dem – abbiamo esortato le mamme italia­ne a donare abiti e latte in povere ai bam­bini siriani. Non solo, abbiamo chiesto lo­ro di raccontare ai propri figli il significato di questo gesto in una lettera, così che po­tessero insegnare loro la condivisione». Giunta ad Antiochia, per la distribuzione di quanto raccolto grazie alle mamme italia­ne Vena si è messa in contatto con alcuni cooperanti che operano nei campi profu­ghi informali, arrivando fino a Kilis, «il pun­to di non ritorno rispetto ai luoghi dove il conflitto è reale, dove in questo momento entri solo se sei siriano o pazzo». «Al mo­mento – prosegue il presidente di Fidem – la Siria ha per così dire trasbordato i propri confini e, se ci si avvicina alla frontiera, ci si trova innanzi innumerevoli tende che o­spitano i profughi, figli di una terra strazia­ta che non hanno trovato posto nei campi gestiti dall’Onu. Non c’è elettricità, acqua, servizi igienici». Molte famiglie siriane si sono stabilite an­che ad Antiochia. «Sono entrata in casa di una donna – racconta Vena – Mi ha detto: se vuoi puoi entrare, ma se entri devi a­scoltare la mia storia per poterla racconta­re in Europa. Ha 50 anni e 9 figli, 3 dei qua­li li ha presi la guerra. Due mesi fa sono fug­giti da Aleppo, dove avevano un negozio di pelle ed erano benestanti, ora non hanno nulla, ma proprio nulla. Non un letto, né al­tre comodità: i bimbi indossavano abiti leg­geri. Io in casa loro avevo freddo, ma per pu­dore non ho detto niente, restando solo ad ascoltare».
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