La ministra Catherine Vautrin - Ansa
È anche un modo per tentare di far ingoiare alla Francia la pillola amara molto controversa della probabile breccia aperta presto al «far morire», forse nella forma del suicidio assistito? Oltralpe, ieri, se lo sono chiesti in tanti al momento dell’annuncio dei dettagli di un piano decennale governativo per potenziare le unità ospedaliere, o mobili, specializzate nelle cure palliative.
La ministra responsabile anche per la Sanità, Catherine Vautrin, ha precisato, in un’intervista su Le Monde, che cresceranno i finanziamenti: nell’arco di 10 anni, si passerà progressivamente dagli attuali 1,6 miliardi di euro l’anno a un bilancio di 2,7 miliardi nel 2034.
In Francia, per i malati con patologie croniche dolorose o a uno stadio terminale, le cure palliative sono in teoria un diritto per legge fin dal 1999. Ma di fatto, un quinto dei dipartimenti, soprattutto fra i più rurali, sono privi di strutture. Secondo la Corte dei Conti, il problema riguarda metà dei francesi che ne avrebbero diritto, ovvero ben 180mila pazienti per i quali l’accesso risulta impossibile. I reparti ospedalieri contano oggi 1.540 posti letto e il governo vuole crearne altri 220, in una ventina di nuove unità, così da coprire tutti i dipartimenti entro l’anno prossimo. Fra gli obiettivi, pure quello d’introdurre dei «piani personalizzati d’accompagnamento». Per la ministra, i pazienti potenziali «cresceranno del 16% in 10 anni». Molto grave, secondo gli esperti, è pure il profondo deficit di formazione del personale nelle strutture d’accoglienza, come le case per anziani.
Intanto, la Sfap, organismo dei professionisti delle cure palliative, continua a temere apertamente la «pressione insidiosa» verso il «far morire» che subiscono tanti malati fragili, anche nella scia dei recenti annunci governativi sul progetto di legge sul fine vita che verrà esaminato in Parlamento a partire da fine maggio.