sabato 6 gennaio 2024
Il Dipartimento di Stato contro il dittatore di Managua che ha arrestato 19 operatori pastorali solo nelle ultime due settimane. L’Azerbaigian per la prima volta nel rapporto sulla libertà religiosa
Il vescovo Rolando Álvarez sconta una condanna a 26 anni per «tradimento della patria»

Il vescovo Rolando Álvarez sconta una condanna a 26 anni per «tradimento della patria» - Reuters

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Il Nicaragua del dittatore Daniel Ortega è confermato dal dipartimento di Stato americano nella lista nera dei Paesi dove la libertà di religione è gravemente violata. L’elenco, aggiornato il 4 gennaio, comprende Myanmar, Cina, Cuba, Corea del Nord, Eritrea, Iran, Pakistan, Russia, Arabia Saudita, Tajikistan e Turkmenistan. La sezione degli “osservati speciali”, comprendente nazioni che hanno commesso o tollerato gravi violazioni della libertà religiosa, comprende Algeria, Repubblica Centrafricana, Comore, Vietnam e, quest’ultima è una “new entry”, Azerbaijan. Dal 2018 ad oggi, in Nicaragua si contano più di 700 attacchi su base religiosa. Aggressioni, sequestri, arresti arbitrari ed espulsioni forzate, soprattutto, di cattolici che pure rappresentano il 45 per cento della popolazione. Nel carcere di La Modelo di Managua, lo ricordiamo, il vescovo Rolando Álvarez sconta una condanna a 26 anni per «tradimento della patria».
Nelle ultime due settimane, ogni diciotto ore, un operatore pastorale è finito in cella per un totale di diciannove persone. La Vigilia di Natale, ancora, sei ex dipendenti della Caritas sono stati condannati a sei anni di reclusione con l’accusa non provata di riciclaggio di denaro. Tutti esempi della sistematica persecuzione con cui il presidente Ortega e la sua vice, Rosario Murillo, che è anche sua moglie, zittiscono nel Paese i cattolici e, più in generale, gli appelli alla giustizia e al rispetto dei diritti umani.
Il regime sandinista rappresenta un grattacapo per gli Stati Uniti, primo partner commerciale del Nicaragua, restii a rafforzare le sanzioni imposte al Paese per sollecitare Ortega a un approccio più democratico perché aumenterebbero la pressione migratoria dal centroamerica verso i confini americani. Lo scorso agosto il senatore repubblicano Marco Rubio ha presentato alla Camera alta del Congresso una proposta di legge sul ripristino della sovranità e dei diritti umani in Nicaragua.
Provvedimento supportato anche dal democratico Tim Kaine secondo cui gli Stati Uniti dovrebbero fare di più per aiutare «le persone ingiustamente detenute e per riconoscere formalmente il regime di Ortega come responsabile della corruzione, degli abusi e degli attacchi ai leader religiosi». Al momento, tuttavia, è improbabile che l’iniziativa, incoraggiata pure dalla Commissione statunitense sulla libertà religiosa internazionale (Uscirf), possa avere un seguito. È difficile tenere la geopolitica fuori dalle valutazioni che, ogni anno, portano il dipartimento di Stato americano a compilare la classifica degli Stati “disabituati” alla libertà di religione. Fa discutere, per esempio, la decisione di Antony Blinken, capo della diplomazia a stelle e strisce, di escludere dalla lista appena aggiornata l’India e la Nigeria.
Paesi utili agli interessi di Washington, rispettivamente, in Africa e in Asia ma che la Uscirf aveva chiesto di segnalare alla luce degli abusi largamente documentati. Omissione su cui viene oggi chiesto un dibattito al Congresso.

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