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Manifestazione di attivisti per l'ambiente a Roma, in occasione della Cop16 bis - Ansa
È arrivato in extremis, ma è considerato un successo, l'accordo sulla tutela della biodiversità alla Cop16 bis - la Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica - che si è tenuta a Roma, nella sede della Fao, riprendendo il discorso interrotto il 1° novembre a Cali in Colombia, quando la Cop 16 si era conclusa con un nulla di fatto. L'accordo è arrivato a notte fonda, salutato da un lungo applauso: i Paesi più ricchi si sono impegnati a stanziare almeno 30 miliardi di dollari l'anno per i Paesi più poveri al fine di tutelare la biodiversità e nell'ambito di un piano che mira a raccogliere 200 miliardi l'anno entro il 2030. È questa la cifra stimata per proteggere gli habitat naturali, senza però frenare lo sviluppo, e garantire il mantenimento dell'equilibrio tra le specie viventi sul pianeta tutelando in definitiva la salute umana. Il Protocollo di Montréal fissa l'obiettivo di tutelare, entro il 2030, il 30% della superficie terrestre e il 50% di quella dei mari e degli oceani (oggi solo il 17% della superficie terrestre è area protetta, e l'8% di quella marina). L'accordo raggiunto è un compromesso che è stato reso possibile, in particolare, dal ruolo di mediazione del Brasile a nome del blocco dei Brics. Profonde divisioni permangono tra Nord e Sud del mondo: è stata infatti rinviata al 2028 la decisione di creare un nuovo fondo dedicato, come richiesto dai Paesi africani. Gli Stati ricchi - guidati da Ue, Giappone e Canada - sono contrari alla moltiplicazione dei fondi e chiedono che nella lista dei finanziatori vengano incluse potenze emergenti come la Cina.
L'intesa, per quanto parziale, assume un significato importante anche perché arriva in una fase storica di netto disimpegno degli Stati Uniti dalle politiche ecologiche: con Trump alla Casa Bianca gli Usa, che non aderiscono alla Cop e che si sono ritirati dagli Accordi di Parigi sul clima, si avviano a smantellare le norme di protezione degli habitat naturali spingendo l'acceleratore su trivellazioni e combustili fossili. «I nostri sforzi dimostrano che il multilateralismo può essere una fonte di speranza in un periodo di incertezza geopolitica ad esso associato» ha detto al Guardian il ministro canadese dell'Ambiente, Steven Guilbeualt.
A Roma erano presenti i delegati di circa 150 Paesi. A presiedere la Convenzione la ministra dell'Ambiente colombiana, Susan Muhamad, che ha parlato di un risultato «storico». Ora l'appuntamento è per la Cop17 del 2026 in Armenia.