Sparire senza lasciare traccia, nei giorni convulsi del dopo terremoto. È il terribile rischio che corrono, tanti, troppi bambini haitiani. Ieri mattina, da Ginevra, era arrivata la notizia-choc di varie scomparse di piccoli dalle corsie degli ospedali. Il consulente Unicef Jean Claude Lagrande aveva parlato di quindici casi documentati. Numero, poi, smentito dall’organizzazione. Che, però, si dice preoccupata per la sorte dei minori, facile preda di trafficanti senza scrupoli. È difficile tenere la situazione sotto controllo. Soprattutto negli ospedali, stracolmi di bambini soli. Il via vai è continuo, la ressa soffocante. «Ce ne sono molti. Stiamo cercando di registrarli tutti e raggrupparli in un posto sicuro», dice ad
Avvenire Matteo Perrone, coordinatore dell’urgenza Unicef a Port-au-Prince. L’organizzazione lavora senza sosta per realizzare un censimento dei piccoli ritrovati fra le macerie della capitale. È una lotta contro il tempo. Ogni ora che passa, aumenta il rischio di veder sparire qualcuno dei piccoli sopravvissuti. A causa della cronica mancanza di letti, molti minori vengono dimessi senza che nessun adulto venga a prenderli. La possibilità di finire preda di malintenzionati è tragicamente alta. Già qualche giorno fa, Unicef aveva lanciato l’allarme, proprio sulle colonne di
Avvenire. Perrone aveva, infatti, denunciato il pericolo che i bambini haitiani cadessero nella mani dei trafficanti. «Ci stiamo rendendo conto che molti bambini stanno lasciando il Paese per essere “deportati” o venduti all’estero», aveva dichiarato il coordinatore. La preoccupazione di Unicef non è diminuita. Tanto che l’organizzazione ha deciso di tenere in pianta stabile all’aeroporto una brigata della polizia addetta ai minori. «Ma le maglie sono ancora troppo larghe», afferma via Skype Perrone. Anche a Save the Children e Terres des Hommes sono in ansia. Ora più che mai, Haiti rischia di trasformarsi in un «supermarket di bambini a buon mercato» per l’Occidente. Un commercio crudele: perché se qualche piccolo lascia l’isola per venire affidato – o venduto – a coppie estere, altri rischiano di cadere nella trappola della pedofilia o del traffico di organi.La condizione dell’infanzia haitiana è da sempre allarmante. Secondo fonti Unicef, tremila bambini all’anno – specie dalle campagne dove i figli non vengono registrati – sono portati nella Repubblica Dominicana. Nessuno sa che fine facciano una volta attraversata la frontiera. Pur essendo vietata dal 2003, nell’isola è, poi, diffusa la pratica della schiavitù domestica. I contadini poveri danno i loro figli a coppie di città per sottrarli alla miseria. Questi piccoli, chiamati “restavek”, in cambio di vitto e alloggio – che il più delle volte è un pugno di riso e un pezzo di pavimento per dormire – sono costretti a lavorare giorno e notte. Prima del sisma, i baby-schiavi erano almeno trecentomila. Altre volte, invece di diventare restavek, i bambini vengono “ceduti” a orfanotrofi specializzati in adozioni internazionali. Negli ultimi vent’anni, il loro numero è quintuplicato. La maggior parte, almeno 500, non sono registrati. L’ente che dovrebbe controllare, l’Iberst – del ministero degli Affari Sociali –, difficilmente lo fa, perché i dipendenti guadagnano in base alle entrate. E queste dipendono dalle adozioni: si pagano 5mila gourdes (125 dollari) solo per depositare il dossier. Ecco perché, negli ultimi tempi, Haiti è tra i Paesi con maggior esodo di minori. Il sisma ha reso ancor più drammatico il fenomeno. Ma Unicef non si arrende. Oltre venti punti sicuri sono stati allestiti a Port au Prince. Ognuno assiste 2mila bambini. E presto – dicono dall’organizzazione – dovrebbero raddoppiare.
Via libera del Cdm alle adozioni anche in Italia. L'Italia è pronta a verificare la possibilità di una «corsia preferenziale» per adottare i bimbi di Haiti. Senza che ciò significhi un mutamento normativo. E in attesa che Port-au-Prince dichiari chi è adottabile. Insomma, sintetizza il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alla Famiglia Carlo Giovanardi, dopo aver partecipato al Consiglio dei ministri di ieri, «qualora il governo di Haiti ce lo chiederà, troveremo una strada per accelerare le procedure di adozione da parte delle coppie italiane». Quelle idonee e in lista d’attesa sono migliaia. Ne va verificata la disponibilità per essere pronti a rispondere rapidamente alle eventuali chiamate dai Caraibi. «Abbiamo una credibilità internazionale in materia per serietà», sottolinea il sottosegretario, che saluta come un rafforzamento della linea italiana l’istituzione del coordinamento europeo e internazionale sull’emergenza minori. L’Italia è, infatti, in vetta al mondo, con 4mila adozioni all’anno da 62 nazioni.La materia è delicata e si corre il rischio di cedere all’emotività. Così non deve essere, viene ribadito da più parti. E forse proprio quel "supplemento" di coinvolgimento che scatta davanti a simili tragedie ha giocato ieri un brutto scherzo all’esecutivo. Dapprima, infatti, un comunicato annunciava che si era discusso e concordato «circa l’opportunità di semplificare e accelerare le procedure di autorizzazione alle adozioni internazionali», dandone mandato al ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna e a Giovanardi. Per poi dover puntualizzare da un lato che a occuparsene sarà il solo sottosegretario, che presiede la Commissione per le adozioni internazionali. E dall’altro che si tratta più genericamente di «verificare» i margini di una «corsia preferenziale» che risponda a «eventuali richieste», previo accertamento dello stato di adottabilità da parte haitiana. Due sviste che hanno provocato un piccolo incidente di forma e niente più. La stessa Carfagna, annunciando massimo impegno per dare «in pochissimo tempo» casa e affetto ai piccoli, metteva l’accento sul rispetto della legge. La quale già prevederebbe «procedure accelerate in caso di catastrofi naturali ed eventi eccezionali».Da più associazioni giunge, comunque, un appello alla cautela, per scongiurare abusi. In prima fila l’Unicef, che ieri ha lanciato l’allarme sulla scomparsa di alcuni bimbi. Il presidente della sezione italiana, Vincenzo Spadafora, alla luce degli annunci dell’esecutivo, chiede di «tenere alta l’attenzione» e «attenersi alle norme internazionali», per scongiurare un «indegno mercato dei bambini». Preoccupazioni ribadite da Save the Children, Terres des hommes e Istituto degli Innocenti di Firenze. Intanto la politica si muove pure sul fronte dell’affido temporaneo: tre senatori del Pdl hanno presentato un ddl con misure per sveltirlo nei confronti dei bambini haitiani.