giovedì 18 luglio 2024
Secondo «Axios», il presidente, in isolamento per il virus, avrebbe già deciso. Determinanti le pressioni interne. Anche Obama si unisce al fronte dei ribelli
Il presidente Joe Biden sulla scaletta dell'Air Force One alla base aerea di Dover

Il presidente Joe Biden sulla scaletta dell'Air Force One alla base aerea di Dover - Reuters

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«Kamala Harris davvero non può vincere». Dal 27 giugno – data del dibattito-flop con Donald Trump –, l’affermazione più ricorrente fra i vertici del Partito democratico ha perso, pian piano, la propria perentorietà. Settimana dopo settimana è diventata più sfumata, aperta. Fino, poco più di tre settimane dopo, a trasformarsi in domanda. A chiedersi se l'attuale vice possa essere una candidata "forte" non sono solo i leader della fronda ribelle, Hakeem Jeffries, Chuck Schumer e Nancy Pelosi. L’interrogativo ormai si è insinuato anche all’interno dello staff presidenziale, raggiungendo perfino l’ostinato Joe Biden. Negli ultimissimi giorni, l’intransigenza dell’anziano leader sulla ricandidatura sembra avere iniziato a sgretolarsi. Nell’intervista di martedì sera con Univision, il capo della Casa Bianca, ha, per la prima volta, pubblicamente considerato l’opzione del ritiro, nel caso del sopraggiungere di una prescrizione medica per un problema di salute. Un’ipotesi tutt’altro che remota, sostiene Axios. Secondo il prestigioso sito di informazione, che cita autorevoli fonti democratiche, il presidente avrebbe già deciso di abbandonare e intenderebbe dirlo domani o, al massimo, domenica. Determinante sarebbe stata la pressione interna.
In una serie di colloqui a porte chiuse, nelle scorse settimane, Jeffries, Schumer e Pelosi l’avrebbero avvertito del rischio di un “effetto valanga”, ovvero della possibilità di perdere anche la maggioranza alla Camera e vedere spazzata via l’eredità della propria Amministrazione. Al coro dei favorevoli alla rinuncia si è aggiunto Adam Schiff, rappresentante della California vicino a Nancy Pelosi. Una ventina di rappresentanti ha preso apertamente posizione per la rinuncia. In privato, però, i dubbiosi sono molti di più. Tra loro spicca il nome di Barack Obama che, in pubblico, finora, ha mantenuto un cauto riserbo. Dietro le quinte, però – sostiene il Washington Post –, l’ex presidente – che ha incontrato Biden solo una volta dopo il dibattito tv – avrebbe parlato con molti rappresentanti dem a cui avrebbe espresso i propri dubbi. In particolare, Obama starebbe agendo di concerto conPelosi per evitare lo sfilacciamento del partito e la possibile sconfitta. Il vice della campagna, Quenton Fulks, però, insiste: «Il capo della Casa Bianca resta in corsa». Almeno per il momento, comunque, Biden ha dovuto fermarsi. Il Covid l’ha costretto a interrompere la campagna in Nevada e a cancellare la tappa di Las Vegas. Non poteva esserci momento peggiore per infettarsi. La reclusione temporanea di Biden in Delware ostacola l’operazione rilancio orchestrata dai fedelissimi che prevede una raffica di incontri con il pubblico per mostrare la propria capacità di tenuta. Nel frattempo, aumenta l’incertezza e il nervosismo nelle file dei dem. Il tempo stringe. La candidatura ufficiale dovrebbe avvenire nel corso della Convention di Chicago, in programma tra il 19 e il 22 agosto. Una parte del partito, però, spinge per anticipare la nomination entro il 7 agosto quando scadrebbe il termine per le iscrizioni in Ohio. La norma statale è stata modificata per consentire di rispettare il calendario dem ma la nuova regola non è ancora entrata in vigore e alcuni vertici sostengono di non fidarsi. Il “fronte del ritiro”, però, sostiene che sarebbe una mossa per “blindare” Biden. Un escamotage controproducente – affermano – a giudicare dai sondaggi. Una rilevazione appena realizzata da Associated press e Norc mostra che sette statunitensi adulti su dieci, incluso il 65 per cento dei democratici, vogliono un altro leader. L’opzione più probabile, al momento, è appunto la vice Harris, «non l’esponente più forte, ma la più logica», secondo Nico Brancolini, vice-presidente del Stonewall democratic club. Nelle chat dei delegati alla Convention, spuntano, però, anche i nomi di Gavin Newsom e Gretchen Whitmer. Date le premesse dell’attuale corso, comunque, non si escludono sorprese dell’ultimo minuto.

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