Almeno 140 persone sono rimaste uccise nelle ultime battaglie tra due gruppi etnici in sud Sudan. Sabino Makana, vice governatore dello Stato di Warrap, ha riferito che membri del gruppo Nuer hanno attaccato i pastori Dinka rubandogli migliaia di animali. La maggior parte dei combattimenti sono avvenuti nel fine settimana nei dintorni della cittadina di Tonj. Secondo le Nazioni Unite, solo nell’ultimo anno sono stati più di duemila civili che hanno perso la vita negli scontri etnici nel Sud Sudan, precisando inoltre che da alcuni anni molte più persone muoiono in questa zona che regione nella regione del Darfur, oggetto di una maggiore attenzione da parte della comunità internazionale e dei media. Questi ultimi eventi non fanno che alzare la tensione nel Paese più grande del continente africano. Il nord e il sud hanno combattuto una guerra civile per ventidue anni, durante la quale hanno trovato la morte più di un milione e mezzo di civili. Il conflitto si è concluso, almeno sulla carta, nel 2005 con l’Accordo di pace comprensivo ( Cpa), ma la cui efficacia è stata più volte messa in discussione a causa di alcuni punti cruciali nel documento che non si sono ancora risolti. Il governo del sud Sudan ( Goss) possiede la maggior parte dei pozzi petroliferi e delle aree di esplorazione che fanno tanto gola al governo di Khartum e alle aziende petrolifere straniere, maggiormente rappresentate dalla Cina. Con le imminenti elezioni di aprile, e un referendum che l’anno prossimo stabilirà l’eventuale indipendenza del Goss, la pericolosa situazione attuale non sembra far sperare per il meglio. In un recente rapporto, dieci agenzie umanitarie internazionali hanno lanciato l’allarme riguardo alla forte possibilità di un ritorno alla guerra civile. Le agenzie, nel rapporto pubblicato a Nairobi alla vigilia del quinto anniversario della firma dell’accordo di pace tra il governo sudanese e il Movimento per la liberazione del Sudan ( Splm), affermano che « Non è ancora troppo tardi per evitare il disastro, ma i prossimi 12 mesi sono un banco di prova per il più grande Paese africano » . Maya Mailer, co- autore del rapporto, spiega che l’anno scorso si è registrata nel sud del Sudan una escalation di violenza che potrebbe proseguire e trasformarsi in una delle più gravi emergenze dell’Africa nel 2010. Secondo le agenzie, l’anno scorso circa 2.500 persone sono state uccise e 350mila sono state costrette a fuggire dalle loro case. « La comunità internazionale, inclusa l’Italia, ha firmato il Cpa pensando che la pace fosse compiuta, mentre invece eravamo solo l inizio » , conclude invece Benedetta de Alessi, analista della situazione sudanese: « La mancanza di attenzione negli ultimi cinque anni, sia dei sudanesi sia della comunità internazionale, ha favorito la drammatica realtà in cui si trova ora il Paese».