Alla vigilia dell'inizio della Conferenza di pace sulla Siria la violenza, legata al conflitto in quel Paese, esplode di nuovo anche in Libano. Almeno 4 persone, tra cui due donne, sono rimaste uccise oggi e 27 ferite nell'esplosione di
un'autobomba condotta da un attentatore suicida nel sud di Beirut, roccaforte di Hezbollah, partito filoiraniano i cui uomini sono intervenuti militarmente contro i ribelli al regime di Assad. Almeno un edificio è andato in fiamme. L'attentato è stato rivendicato dalla Jabhat an Nusra, gruppo qaedista operativo in Siria.
È il quinto attacco contro il movimento sciita a partire dall'agosto scorso e il secondo nel mese di gennaio nella stessa area, il quartiere di Haret Hreik. Tutte azioni compiute apparentemente come ritorsione per l'intervento delle milizie di Hezbollah in Siria al fianco delle truppe lealiste del presidente Bashar al Assad.
L'attentato conferma il pericolo per il Libano di essere risucchiato in una spirale di violenza che ricorda la
guerra che sconvolse il Paese dei Cedri tra il 1975 e il 1990.
Altri attentati hanno colpito negli ultimi mesi il fronte
sunnita libanese schierato contro il regime di Damasco. Il 27
dicembre scorso un'autobomba nel cuore di Beirut ha provocato la
morte dell'ex ministro Mohammad Shatah, figura chiave di questo
schieramento vicino all'ex primo ministro Saad Hariri. In
agosto, invece, due autobomba avevano seminato la morte in
altrettante moschee a Tripoli, città a maggioranza sunnita nel
nord del Paese. Proprio a Tripoli tra domenica e lunedì sei persone sono
state uccise in scontri tra miliziani sunniti e alawiti,
quest'ultimi appartenenti alla stessa confessione di Assad, del
quale sono sostenitori.