sabato 15 marzo 2014
​È stato convocato il processo di appello per Asia Bibi. Ne dà notizia AsiaNews. Dopo più di 4 anni di carcere, condannata a morte senza prove per "blasfemia", la cristiana pachistana vedrà lunedì i giudici dell'Alta Corte. 
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È stato convocato il processo di appello per Asia Bibi. Ne dà notizia AsiaNews, l'agenzia del Pontificio Istituto Missioni Estere. Dopo più di quattro anni di carcere, condannata a morte senza prove per "blasfemia", la cristiana protestante pakistana, scrive l'agenzia, "vedrà fra due giorni i giudici dell'Alta Corte". Il Centro per l'assistenza legale, che segue il suo caso, invita intanto la corte a "non cedere alle pressioni dei fondamentalisti e fare in modo che sia la giustizia a vincere".Asia Bibi, informa l'agenzia Fides, non sarà presente all'udienza per motivi di sicurezza.L’udienza inaugurale del processo d’appello all’Alta Corte del Punjab (Pakistan), a Lahore, attesa da oltre tre anni e prevista per il 14 febbraio, era saltata per l’assenza di uno dei giudici. Arrestata il 19 giugno 2009 e condannata a morte l’11 novembre 2010 per una mai dimostrata offesa al profeta Maometto e alla fede islamica – in base alle accuse mosse da alcune compagne di lavoro musulmane e riportate dai leader religiosi del villaggio di Ittanwali, nella provincia del Punjab, in cui risiedeva –, la donna sta vivendo da 1.730 giorni una dura carcerazione, attualmente nel carcere femminile di Multan, nel Punjab. Una detenzione trascorsa alternando momenti di prostrazione a altri di speranza: le condizioni di salute incerte sono state aggravate dall’aggressione di una secondina il 5 ottobre 2011, denunciata dagli attivisti per i diritti civili che ne sostengono l’innocenza, le garantiscono tutela legale e si occupano di fornire alla sua famiglia il necessario per sopravvivere in clandestinità. Comprensibile anche la delusione del marito Ashiq Masih, padre dei suoi 5 figli, che ha parlato di una «rara speranza per me e per i miei figli» e ha lanciato un accorato appello alla Corte che «dovrebbe riconsiderare i fatti e rilasciarla». Il primo gennaio 2014 la donna aveva scritto una lettera a Papa Francesco, esprimendo la sua gratitudineper le preghiere della Chiesa.​
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