È l’altra faccia della crisi economica occidentale. Mentre gli altri crescono, le strette sul debito stanno colpendo gli strumenti militari degli Stati Uniti e di buona parte dei Paesi europei.
Nel 2015 Pechino spenderà più dei Paesi europeiDal 2001 a oggi, la quota delle spese militari europee è scesa dal 29% del totale mondiale al 20%. Non è tutto: secondo il think tank Jane’s, calerà ancora, rappresentando il 16% fra quattro anni. Un livello paragonabile a quello della Cina, che per allora balzerà dal 5% odierno al 15%. Nello stesso periodo, gli Stati Uniti perderanno un buon 8%, ridimensionandosi dal 50% e passa attuale al 42%. Salirà la Russia (dal 2,75% al 4,75%), insieme all’Asia e all’America meridionali: niente di nuovo, vista l’ascesa dei Paesi Bric (Brasile, Russia, India e Cina). Entro il 2016, i bilanci combinati dei Quattro rampanti saranno aumentati del 150%, in uno scenario di spesa globale sostanzialmente stabile.
Dopo la «ricetta Obama» il «baricentro» sarà asiaticoÈ una conferma che l’Occidente arretra: avrà minore prontezza operativa, minori capacità combat e minori possibilità di proiezione. La crisi sta erodendo parte delle capacità delle nostre forze armate, uno degli atout della potenza lato sensu. Seicento miliardi di tagli potrebbero colpire il bilancio del Pentagono, se il Congresso non arriverà a un accordo per ridurre le spese pubbliche statunitensi. Con 487 miliardi di dollari in meno nel prossimo decennio, il dipartimento della Difesa statunitense ha già dovuto rivedere le proprie priorità. Ridurrà la presenza in Europa, si concentrerà sulla regione Asia-Pacifico e sul Medio Oriente e sarà molto più prudente nel combattere guerre contro-insurrezionali, costose umanamente e finanziariamente. Passerà dal concetto “win-win” al più modesto “win-spoil”: è una svolta dottrinaria, che significa rinuncia a combattere e vincere due guerre simultanee, per concentrarsi su unico teatro, limitandosi a contenere un avversario potenziale su un altro scacchiere. Secondo la “ricetta Obama” l’Esercito subirà i tagli più pesanti, scendendo da 570mila a 490mila uomini, mentre il corpo dei Marines si contrarrà a 20mila unità.
L’esercito statunitense il più penalizzzatoL’Aviazione e la Marina saranno risparmiate. Sono il simbolo della potenza a stelle e strisce e continueranno ad esserlo. La prima può contare su 1.600 caccia e cacciabombardieri e su una potenza volante unica, compresi i 650 rifornitori in volo KC-135. A titolo di paragone, la Francia non ha che una decina di avio-cisterne. Parigi è una delle poche capitali europee in controtendenza: prevede di spendere quest’anno 31,7 miliardi di euro, un incremento dell’1,6% rispetto al 2011. Italia, Germania, Gran Bretagna e Olanda taglieranno. Nel prossimo quadriennio Londra perderà l’8% delle risorse, un tempo appannaggio della difesa, e sopprimerà 17mila posti. Il 17 gennaio, il ministero della Difesa ha annunciato che nel 2012 l’Esercito britannico perderà 2.900 uomini, compresa un’élite di 400 Gurkha. La Raf conterà 1.000 unità in meno e la Marina 300. Gli ufficiali superiori non saranno risparmiati dalla scure. Anche Hans Hillen, Ministro della Difesa olandese, ha annunciato nuove ristrutturazioni: l’organico del Ministero della Difesa, fatto di 69mila uomini e donne, scenderà di 12.300 unità entro il 2014. Metà dei tagli colpiranno i volontari. I fondi disponibili si contrarranno di 964 milioni di euro entro il 2015. Tutti dovranno fare sacrifici: l’Esercito perderà gli ultimi due battaglioni corazzati, vale a dire 60 carri armati Leopard 2A6. L’Aeronautica sarà la forza armata più colpita: alcune basi dovranno chiudere e la prima linea da combattimento sarà decurtata. È un allarme generale e una crisi dai molteplici aspetti industriali. Dalla fine della guerra fredda, il comparto europeo dell’armamento terrestre ha subito pesanti tagli e ristrutturazioni. L’industria tedesca di veicoli militari è passata dai 44mila lavoratori del 1989 ai 13mila odierni. In termini di spesa, il procurement britannico di veicoli da combattimento non rappresenta che il 30% dei livelli del 1990.
Tutta l’industria bellica è in brusca frenataI 17 miliardi di fatturato del settore garantiscono appena la sostenibilità dei costi di sviluppo, produzione e manutenzione dei mezzi, soprattutto perché vi sono ancora troppe sovrapposizioni e duplicazioni. Si contano 23 programmi nazionali d’acquisizione di blindati, esclusi i carri pesanti. L’Agenzia europea per la Difesa non ha promosso che collaborazioni tecnologiche di nicchia. L’Europa stessa è una chimera, incapace perfino di dotarsi di uno stato maggiore operativo permanente.