Il fondatore della Comunità di S. Egidio Andrea Riccardi - Agenzia Siciliani
Professor Riccardi, sei giorni fa, con la comunità di S.Egidio ha proposto di fare di Kiev una “città aperta” ed invece la capitale ucraina è ancora sotto la minaccia delle bombe e dei carri armati di Mosca. È realistico immaginare questa soluzione?
È ancora possibile sottrarre Kiev alla distruzione – risponde Andrea Riccardi, storico, fondatore della comunità di S.Egidio e già ministro del governo Monti –, alla lotta casa per casa, strada per strada, ed è doveroso farlo per salvare vite umane, per il valore della città – Kiev è la Gerusalemme dell’ortodossia di Rus’ e quindi per l’ortodossia bielorussa russa e ucraina – e perché sottrarre Kiev alla guerra significa sottrarre spazio allo scontro armato. Kiev non deve diventare Aleppo.
Che cosa pensa della proposta russa di aprire dei corridoi umanitari?
I corridoi umanitari sono sempre un obiettivo di chi vuole la pace ma in genere sono una cosa diversa dalle proposte russe di queste ore. Senza contare che i corridoi per fuggire ci sono già e gli ucraini li stanno utilizzando.
Gli ucraini però vorrebbero essere difesi meglio in questa fuga. La decisione della Nato di non dichiarare la No fly zone è un atto di debolezza e provocherà una strage, come dice Zelensky?
Capisco il presidente ucraino, ma l’Occidente ha due responsabilità: verso l’Ucraina e verso l’Occidente. Leggo la decisione di non dichiarare la No fly zone, che potrebbe anche portare a un’escalation del conflitto con la Russia, come un atto di responsabilità e non di debolezza.
Come legge invece la resistenza ucraina?
È una guerra strana, che non ci aspettavamo e che non si aspettava neanche Putin. Eppure, doveva essere chiaro che schierare ragazzi russi cresciuti in tempo di pace e ragazzi ucraini che per anni erano stati fratelli dei russi – penso ai legami creati dai viaggi, dai commerci e soprattutto dei social – avrebbe provocato delle differenze. Emerge la grande contraddizione dei legami globali che vanno al di là delle frontiere. Ciascuno appartiene al proprio Paese e a tant’altro e ciascuno avverte che la guerra recide legami importanti. La lettura russa che l’Ucraina sarebbe crollata facilmente si è rivelata sbagliatissima: ho visto personalità russofile e russofone prendere posizione contro questo conflitto. Ho letto il metropolita capo della Chiesa ortodossa ucraina rivolgersi al patriarca Kirill e a Putin difendendo le ragioni ucraine.
Ci sono chiese ortodosse in guerra, ci sono cattolici russi e cattolici ucraini in guerra, senza contare le differenze tra cattolici e ortodossi nei Paesi confinanti. La teologia cambia in base a dove ci si trova?
Il Cattolicesimo è una grande “internazionale” e per la Chiesa cattolica la guerra è un terreno impossibile perché i cattolici sono sempre di qua e di là. Siamo minoranza nei due Paesi in guerra e il vero dramma – voglio ricordarlo – è proprio quello degli ortodossi, senza contare la difficile situazione dei greco cattolici. Le chiese ortodosse hanno un problema molto serio: l’ortodossia moscovita è divisa tra la Russia e l’Ucraina e il Patriarcato di Mosca si trova nella posizione in cui si trovava Pio XII quando gli rimproveravano i “silenzi” davanti alla guerra mondiale.
La guerra taciterà l’ecumenismo?
Ecumenismo vuol dire pace e la guerra è la sconfitta delle chiese. Il patriarca Atenagora diceva "chiese sorelle, popoli fratelli". Questa guerra è obiettivamente la sconfitta dell’ecumenismo cristiano: l’ortodossia è già divisa e a questo punto dobbiamo ritenere che la pace sarà la sfida della Chiesa per tutto il secolo che viviamo.
Il mondo cattolico sta facendo la sua parte?
Sono addirittura sorpreso dalla vitalità della riflessione in corso nel mondo cattolico, che ha riscoperto il tema della pace. Come tutti i Papi, Francesco ha detto parole chiare contro la guerra. Certo, per esser sinceri, mi sarei aspettato dalle chiese europee una risposta più vivace alle parole del pontefice. Come pure, dalla chiesa tedesca, un dibattito sul riarmo della Germania. Vedete, questo non è il “solito” tema per una discussione ecclesiale. Qui non si tratta di essere d’accordo sulle parole di un documento ma di schierarsi tra la vita e la morte».
A casa nostra ci si dividerà ancora sulla guerra “giusta”?
Sono troppo angosciato nel vedere scappare e morire, per preoccuparmi della “guerra giusta”.
Putin è accusato di essere il nuovo Hitler: storicamente, che differenza c’è tra la Polonia del 1939 e l’Ucraina del 2022?
La Storia deve illuminarci ma la Storia non è quella delle cartoline, la Storia non giudica, la Storia comprende. La Russia è stata umiliata e circondata dalla Nato e si sta rilanciando attraverso una presenza imperiale non solo in Ucraina. Non sono il difensore di Putin, ma ci sono delle dinamiche e c’è uno scenario. Ogni giorno che passa diventa più difficile, ma bisogna uscire da questa guerra lasciando una via di fuga non solo ai profughi ma anche al leader russo.
Cosa pensa dei dialoghi di Brest?
Che manca un mediatore.
Chi può farlo?
Angela Merkel. I governi europei dovrebbero chiederglielo. In fretta.
La famosa “diplomazia parallela” di S.Egidio si sta muovendo in questo senso?
S.Egidio sta muovendosi per dare solidarietà agli ucraini, le nostre comunità in Polonia, Ungheria e Slovacchia stanno lavorando. E lavoriamo per Kiev città aperta.
Allo stadio anche un cartellone per la pace - Fotogramma
Lei è stato ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione. Come valuta questo tsunami umanitario che sta abbattendosi sull’Europa?
In queste ore ricordo le spaccature tra i Paesi dell’Est e dell’Ovest sulla gestione dei rifugiati siriani. Ora non ci sono più divisioni ed è un bene. Mi aspetto che la Polonia chieda agli altri partner europei di farsi carico di quote di profughi e auspico una risposta pronta e positiva. Si parla di sei milioni di persone, una marea difficile da gestire. Quando avremo paura di tanta gente in fuga ricordiamoci che scappa dalla morte e che sono le badanti che curano le nostre mamme e i camionisti che riforniscono i nostri negozi… gente come noi. Anche questa volta.
Questa guerra cambierà l’Europa?
Spero di sì e credo che sia inevitabile. Il riarmo tedesco dovrebbe avvenire nel quadro di uno strumento di difesa europeo che oramai diventa urgente e necessario, come pure una politica estera comune. Credo che la guerra ucraina abbia compattato ulteriormente gli europei, dopo che la pandemia li aveva convinti che ci si salva solo insieme. Ma, ripeto, ora bisogna fermare la guerra, perché le guerre del nostro secolo sono interminabili. Siria docet.