Il ministro della Giustizia Carlo Nordio - ANSA
L’app che dal primo gennaio avrebbe dovuto garantire processi rapidi e telematici fa flop. Tribunali e procure di tutta Italia corrono ai ripari sospendendola. «Il bilancio del primo giorno dell’app per il processo penale telematico è disastroso. Avevamo lanciato un allarme pochi giorni fa e ora purtroppo vediamo i risultati in praticamente tutti i tribunali italiani: disagi e rinvii che pesano sempre sui cittadini», sintetizza la vicepresidente dell’Associazione nazionale magistrati, Alessandra Maddalena, facendo un bilancio delle criticità riscontrate. I penalisti parlano di inefficienze di un sistema che «lungi dal semplificare il processo, lo complica allungando i tempi delle procedure».
Il software per il processo penale telematico, App 2.0, è diventato obbligatorio per molti atti a partire dal 2025. Subito si sono susseguite però segnalazioni di errori, veri e propri blocchi e rallentamenti non compatibili con la necessità di svolgere e addirittura velocizzare – come era negli intenti iniziali – le attività giudiziarie. In alcuni casi il sistema non riconosce neppure i magistrati e non permette di visionare gli atti. Lo stallo ha spinto molti tribunali a bloccare il processo penale telematico, aggirando di fatto l’obbligo di caricare sulla piattaforma dei documenti fondamentali, come per esempio quelli dell’udienza preliminare, del dibattimento di primo grado e di alcuni riti speciali.
Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha provato a difendere il progetto affermando che il problema riguarda l’evoluzione tecnologica che si sta cercando di risolvere e aggiungendo che «le cose non vanno male come sembrerebbe». Tuttavia, è certo che quando al rientro dalla sosta natalizia le toghe si sono trovate a dover utilizzare per legge il nuovo software, il rallentamento dei lavori è stato tale da non potersi ignorare. Dalle motivazioni dei presidenti dei tribunali che da Nord a a Sud hanno bloccato temporaneamente il sistema telematico emergono problematiche che l’assenza di un’adeguata sperimentazione non avrebbe permesso di rilevarle prima. Hanno optato per la sospensione Milano, Torino, Trento, Bolzano, Roma, Napoli, Bari e Pescara. Il Tribunale di Roma «dopo aver evidenziato numerosi malfunzionamenti» ha autorizzato l’utilizzo del formato analogico. Tali segnalazioni di errori «destano particolare allarme tenuto conto della ripresa delle odierne attività di udienza, evidenziandosi che mediamente sono chiamati in ogni singola udienza venticinque processi monocratici e dieci processi collegiali, numeri che vanno moltiplicati per il numero di udienze che quotidianamente vengono svolte in tribunale, pari a circa quaranta tra udienze dibattimentali e udienze preliminari», scrive il presidente facente funzioni Lorenzo Pontecorvo. Lo segue anche la Procura capitolina, la più grande d’Italia, disponendo che i magistrati «redigano e depositano» gli atti «in forma di documenti analogici» fino al 31 gennaio. Del resto, come viene spiegato, in molti casi non risultano presenti in app i relativi modelli degli atti. Anche nel decreto di sospensione fino al 31 marzo del presidente del tribunale di Milano, Fabio Roia, viene spiegato che il motivo dello stop risiede proprio nelle criticità della piattaforma. «Ritenuto - si legge nel provvedimento - che sussistano criticità derivanti dall’immediata obbligatorietà del regime del binario unico relativamente a fasi processuali caratterizzate dall’assenza di un’adeguata sperimentazione e dalla mancata segnalazione della verifica della corretta gestione del flusso informatico». Emerge dunque la necessità di procedere gradualmente all’implementazione dell’app, ritenendo opportuno mantenere il regime del doppio binario (digitale e analogico) «almeno fino al 31 marzo 2025».
Opta per il doppio binario anche Genova, mentre Aosta apre alla possibilità di ricorrere all’analogico in caso di problemi irrisolvibili. Solo Bologna, nonostante le «criticità evidenziate» ha preferito non stoppare l’app, disponendo che nella redazione dei verbali d’udienza si provveda «alla loro stesura in modalità analogica, con successivo scansionamento per il deposito telematico sui registri informatizzati di cancelleria». In sostanza, chi ha cercato di rispettare l’obbligo si è trovato impantanato in lungaggini.