Joe Biden e la moglie Jill nel giardino della Casa Bianca - Ansa
I maggiori rischi e le incertezze geopolitiche per l’America del Nord nel 2024 avranno soprattutto un’origine interna: le elezioni presidenziali Usa del prossimo novembre. Indipendentemente da chi vince la corsa alla Casa Bianca, infatti, la campagna elettorale e il voto sono destinati a peggiorare le già profonde divisioni politiche emerse con chiarezza negli ultimi otto anni e a indebolire ulteriormente la credibilità degli Stati Uniti sulla scena globale. Queste lacerazioni interne a loro volta spingeranno il Paese a chiudersi su sé stesso e rappresenteranno per gli avversari degli Stati Uniti un’opportunità di fomentare il caos.
L’atteggiamento statunitense verso il mondo cambierà ben prima che venga espresso un singolo voto il 5 novembre 2024. Dal momento in cui Donald Trump si assicurerà la nomination repubblicana (ed è un momento molto vicino), infatti, i repubblicani e i media conservatori si allineeranno rapidamente alla sua ideologia di disimpegno dalla scena internazionale e di scelte all’insegna della slogan “America First”. L’Amministrazione di Joe Biden, nel frattempo, sarà sempre più occupata dalla campagna, cercando di corteggiare gli elettori trumpiani e avvicinandosi alle loro posizioni, mentre gli alleati degli Stati Uniti continueranno a cercare alternative o complementi all’amicizia con Washington, preparandosi per un possibile ritorno di Trump.
Quasi inevitabilmente, nel periodo successivo alle elezioni il mondo dovrà confrontarsi con la forte instabilità della principale potenza economica e militare sulla Terra. «Gli Stati Uniti sono l’unico Paese in grado di proiettare il proprio potere in tutto il mondo. Ma sono anche di gran lunga il sistema politico più disfunzionale nel mondo sviluppato – sostiene Ian Bremmer, presidente della società di valutazione del rischio geopolitico Eurasia Group –. Siamo l'unica democrazia ricca che non può garantire un trasferimento legittimo, libero ed equo del potere, che è essenziale per un governo funzionale».
Proiettare il potere
Se Trump verrà eletto infatti sono probabili disordini nelle principali città Usa, mentre i sentimenti antidemocratici e populisti che lo animano si riverseranno per contagio in altri Paesi, con echi già chiari in Canada nelle parole del leader conversatore Pierre Poilievre. Una seconda Amministrazione Trump adotterà sicuramente misure per consolidare il potere esecutivo ed indebolire controlli ed equilibri fra le istituzioni e i poteri. Se invece Biden vincesse, gran parte dell’elettorato rifiuterebbe il risultato, indebolendo sostanzialmente la democrazia Usa, soprattutto se Trump si trovasse al contempo ad affrontare la prospettiva di una condanna penale e di una pena detentiva. Al di là di questo scenario generale, ci sono poi rischi geopolitici specifici legati all’ascesa al potere di ciascuno dei due candidati. Trump ha già dichiarato apertamente di voler rivedere l’ordine globale. Il favorito repubblicano ha promesso di usare l’autorità della presidenza per “punire” i Paesi (come il Messico e le nazioni centro-americane) che non chiudono i loro confini e riversano migliaia di immigrati sugli Stati Uniti. Trump inoltre ha fatto sapere che abbandonerà l’Ucraina e non ha nascosto né la sua simpatia per il presidente russo Vladimir Putin né l’ostilità per gli alleati europei, che, prese insieme, potrebbero mettere in pericolo la Nato.
Sul fronte del commercio internazionale, i consiglieri del tycoon stanno già preparando nuove misure radicali – tra cui tariffe contro la Cina e l’Europa – che metterebbero di fatto fine al sistema commerciale globale degli ultimi decenni già messo a dura prova dalla pandemia. In realtà anche le politiche di Biden tendono a un irrigidimento commerciale. Per il democratico l’obiettivo è «ridurre il rischio Cina», rallentando i progressi tecnologici di Pechino e riducendo la dipendenza Usa dalle aziende cinesi per beni critici.
La riduzione del rischio porterà l’Amministrazione Biden a continuare ad avanzare richieste all’Unione Europea di imporre controlli sulle esportazioni di tecnologie avanzate alla Cina (che probabilmente rimarranno inascoltate) e ad espandere politiche protezionistiche. Dopo i semiconduttori e la tecnologia dell’intelligenza artificiale, Washington potrebbe puntare sull’informatica quantistica e sulla tecnologia pulita. Gli Stati Uniti, anche con Biden, continueranno inoltre a collaborare con le economie emergenti per ridurre la loro dipendenza dalla Cina, fornendo loro direttamente tecnologia cruciale. Questa strategia solleva dubbi sul funzionamento della riduzione dei rischio, perché aumentare gli scambi delle aziende statunitensi di high-tech con il Sudest asiatico, i cui legami con la Cina si stanno approfondendo, porterà comunque la loro tecnologia a Pechino.
Tradizionalmente la politica estera ha scarsa influenza sulle elezioni americane, ma quest’anno potrebbe essere l’eccezione alla regola. Il sostegno fornito da Biden a Israele nella guerra contro Hamas lo ha indebolito in patria, con elettori giovani e progressisti, arabi-americani e neri che condannano le sue scelte e che potrebbero costargli alcuni Stati indecisi, come il Michigan.
Al di là della Striscia di Gaza, le tensioni estreme che stanno aumentando nell’Oceano Indiano, attraverso il Mar Rosso e in tutta la regione mediorientale hanno spinto le navi statunitensi in prima linea, ingaggiandole in scontri a fuoco con i gruppi armati sostenuti dall’Iran.
La promessa Ucraina
Intanto l’opinione pubblica americana mette sempre più in dubbio la promessa di Biden di restare al fianco dell’Ucraina «per tutto il tempo necessario». I repubblicani stanno già bloccando 60 miliardi di dollari in nuovi aiuti militari di cui l’Ucraina ha un disperato bisogno dopo che la sua offensiva si è impantanata in sanguinosi combattimenti. Nei prossimi mesi Biden potrebbe trovarsi costretto a scegliere fra Kiev e la Casa Bianca e a spingere il presidente Volodymyr Zelenskyj a negoziare con Putin da una posizione di debolezza.
Gli scacchieri politici aperti rivelano come gli Stati Uniti si trovino ad affrontare un fronte sempre più coordinato composto da Russia, Cina, Iran e Corea del Nord: Paesi che hanno interessi distinti ma condividono l’obiettivo comune di erodere il potere americano. Varie permutazioni di questo schieramento stanno modellando i conflitti in Ucraina e nel Medio Oriente, mentre (la Cina in particolare) aumentano la loro influenza sulle nazioni del Sud del mondo. Biden e il presidente cinese Xi Jinping sembrano consapevoli dei rischi di strappi irreparabili e, durante il vertice in California di novembre, hanno concordato di evitare che le tensioni peggiorino. Ma ogni giorno molteplici pressioni mettono a dura prova le relazioni diplomatiche fra Pechino e Washington. Scontri che coinvolgono le forze statunitensi e alleate, navi e aerei cinesi nel Mar Cinese Meridionale e Orientale potrebbero sfociare in un conflitto, e l’insistenza cinese affinché la democratica Taiwan venga portata sotto il controllo della terraferma ne rappresenta uno dei rischi maggiori.
L’Asia e le sfide cinesi
Questi schieramenti geopolitici fanno sì che ormai ogni crisi internazionale sia una prova della credibilità mondiale degli Stati Uniti. Anche l’intelligenza artificiale rappresenta una delicata sfida geopolitica per l’America del Nord, Canada incluso. Sia Washington che Ottawa quest’anno intensificheranno (e cercheranno di coordinare) gli sforzi per affrontare le implicazioni sociali, economiche, occupazionali e di sicurezza dell’uso dell’IA mentre sempre più aziende, eserciti e gruppi armati non statali sperimentano come utilizzare le nuove tecnologie. Ma le scoperte accelerano in un modo che i responsabili delle agenzie governative riescono a malapena a comprendere, ostacolando le prospettive di regolamentazione. Donald Trump inoltre ha già fatto sapere di preferire il laissez-faire alla governance dell’IA.
Come ha concluso un rapporto di Eurasia Group, il 2024 è per gli Stati Uniti «un anno di grave preoccupazione» che unisce a significative sfide politiche interne inedite minacce al loro dominio economico e militare.
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