domenica 20 ottobre 2024
Negli Usa è caccia al 15 per cento dell’elettorato, ma il 39 per cento guarda a destra: «Il sogno americano va difeso»
Un comizio elettorale di Kamala Harris ad Atlanta, in Georgia

Un comizio elettorale di Kamala Harris ad Atlanta, in Georgia - ANSA

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Quello del 5 novembre sarà il primo voto di Marcela De La Garza, che andrà a Kamala Harris: più per paura di Trump che per meriti della candidata democratica. Il voto di Marcela è quindi un gesto di protesta contro le parole d’odio del candidato repubblicano che promette deportazioni di massa. «È uno spauracchio che mi ha sempre assediata da quando sono qui, negli Stati Uniti, e che non vorrei si replicasse nella vita di nessun altro». Per lei, messicana di 40 anni di cui la metà trascorsi in Texas, il razzismo è una storia già sentita e che l'ha fatta stare sempre alla larga dai repubblicani. Certi discorsi li ha subiti anche dai partenti dell’ex-marito statunitense: «Dicevano di non avercela con me, ma con altri migranti». Il suo pregio era infatti quello di essere bianca ed educata nonostante la provenienza.

Marcela nutre anche altre preoccupazioni che riguardano il caro vita e la salute, sempre meno garantita per indisponibilità dei medici, malfunzionamento delle assicurazioni e indifferenza del governo federale. E anche qui spunta un dato biografico: i genitori l’hanno portata in Usa a 17 anni. Non per cercare il sogno americano, ma per garantire un’adeguata assistenza sanitaria a suo fratello affetto da autismo.

«Per lui non c’era futuro in un contesto così arretrato come quello di Monterrey», dice Marcella che sin da allora ha dovuto lavorare per pagarsi gli studi. Il suo vissuto è in sintonia con la maggior parte dell’elettorato latino, dove il 57% è intenzionato a votare Harris, secondo l’ultimo sondaggio pubblicato dal “Pew Research Center”. Il dato si discosta dal fifty fifty momentaneo rilevato da “Marquette” sull’elettorato generale. Tra i latinos c’è anche un 39% intenzionato a votare Trump, considerando il Tycoon un outsider virtuoso e persino lontano dai circuiti elitari. È quanto sostiene José Morales, lavoratore 28enne nato negli Stati Uniti e di origini guatemalteche. José ritiene che Trump sia l’unico candidato capace di «mantenere il focus sulle cose che davvero contano, risolvendo i problemi economici del Paese».

Per il giovane 28enne il sogno americano «esiste ancora e va tutelato dalle correnti che rischiano di trasformare l’America in uno Stato simile a quelli del centro e sud del continente, da dove i nostri genitori sono scappati». E non stenta a dare dei «marxisti» agli esponenti e sostenitori del Partito democratico. Non mancano gli elogi alla determinazione dell’uomo forte, che ha coltivato «un’esperienza imprenditoriale di successo» e in politica «ha saputo mantenere le sue promesse».

La stessa comunità latina è polarizzata. Al punto che José sostiene di non conoscere persone del suo intorno che votino Harris. Tuttavia, il 58% delle donne latine si sbilancia per Harris, come anche il 55% degli uomini e il 69% dei cattolici. Questa tendenza si inverte negli ambienti protestanti, dove quasi il 70% degli elettori sostiene Trump. Ma le differenze si accorciano tra i poveri, nel ceto medio basso, dei quali il 49% sostiene Harris e il 46% Trump.

I latinos rappresentano il 15% dell'elettorato statunitense e sono il secondo gruppo più numeroso della Federazione con 36,2 milioni di unità. Il loro voto sarà particolarmente determinante in Nuovo Messico, dove raggiungono il 45% dell'elettorato, ma anche in California e Texas dove rappresentano un terzo della popolazione con diritto di voto. Ma i latinos saranno incisivi anche negli “Swing States”. Particolarmente in Arizona e Georgia, dove coprono il 33% e il 28% della popolazione rispettivamente. «Si tratta però di un elettorato particolarmente sensibile alle fake news» sottolinea Roberta Braga, fondatrice del Digital democracy Institute of the Americas (Ddia): «Tra le cause principali vi è l’eccessivo affidamento a YouTube e alle piattaforme Social per informarsi. Quei contenuti vengono poi condivisi senza un’adeguata verifica delle fonti».

Non aiuta di certo il clima politico da Far West, dove anche l’Intelligenza artificiale è scesa in campo generando ulteriore confusione. Per Luis Ortega, ingegnere informatico, «dopo il lancio di Grok 2 è stato raggiunto un limite » dato che «l’Intelligenza artificiale lanciata di Elon Musk non ha parametri di censura e serve solo a rendere più teso il clima politico». E anche gli investitori sono fermi, in attesa di ciò che accadrà dopo l’elezione.

«Il problema – confida un elettore repubblicano, che preferisce rimanere anonimo – sta nella crescente polarizzazione in un Paese in cui la politica rischia di dividere vicini di casa e persino membri dello stesso nucleo familiare». E ancora: «Dobbiamo anche ammettere che in questo Paese il razzismo permane. Non bisogna negarlo: colore di pelle e provenienza determinano ancora molte chiusure, anche tra gli stessi ispanici».

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