giovedì 2 gennaio 2025
Il fanatico dell'Isis che ha lanciato un pick-up sulla folla in festa e l'uomo che ha fatto esplodere una Tesla davanti alle Trump Towers avevano prestato servizio nella stessa base militare
New Orleans, la gente si offre di donare il sangue per le vittime dell'attentato

New Orleans, la gente si offre di donare il sangue per le vittime dell'attentato - Reuters

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C’è un sottile filo rosso che collega i due attacchi , uno in Louisiana l’altro in Nevada, che hanno segnato con il sangue il Capodanno statunitense. È quello che emerge dalle indagini del Fbi pressato dall’urgenza di dare risposte concrete all’onda di terrore che ha sconvolto il Paese. Diversi sono i punti di contatto tra i due casi. Il più vistoso è il trascorso militare dei due attentatori: Shamsud-Din Bahar Jabbar, il fanatico dell’Isis che ha lanciato un pick-up sulla folla in festa a Bourbon Street, a New Orleans, e Matthew Livelsberger, l’uomo che fatto esplodere un Cibertruck della Tesla davanti alle Trump towers di Las Vegas, avevano prestato servizio nella stessa base militare di Fort Bragg in North Carolina. Christopher Raia, l’agente dell’Fbi titolare dell’inchiesta sulla strage al quartiere francese di New Orleans, ha tirato le somme delle verifiche in corso sottolineando che «non è possibile», al momento, ricondurre alla stessa matrice i due episodi. Ma ha ribadito che le indagini sono di «profilo statale e federale». L’ipotesi di una regia coordinata è stata tuttavia ventilata dallo stesso presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che ieri ha pure convocato una riunione con la sua squadra per la sicurezza proprio per fare il punto sulla situazione. La tensione, inutile negarlo, è alta. Rassicura poco persino la precisazione con cui investigatori hanno chiarito, contrariamente a quando dichiarato agli inizi, che Jabbar, l’autore della strage, poi ucciso, che ha causato altri 14 morti e 35 feriti, «ha agito da solo». Nuovi dettagli emergono intanto sul passato dell’attentatore. L’uomo, 42 anni, era un veterano dell’esercito, nato e cresciuto a Beaumont, in Texas, ma residente a Houston. Divorziato due volte, aveva un figlio di sei anni e due bambine più grandi. Aveva prestato servizio in Afghanistan tra il 2009 e il 2010 come addetto alle risorse umane. Nel 2015 aveva lasciato il lavoro a tempo pieno nell’esercito, pur rimanendo riservista, per studiare tecnologia dell’informazione. Pare che avesse avuto difficoltà a adattarsi alla vita civile ma che fosse comunque riuscito a trovare un lavoro come consulente immobiliare che gli procurava guadagni a sei cifre. Suo fratello, Abdur Jabbar, 24 anni, ha raccontato a un’emittente locale che avevano ricevuto un'educazione cristiana ma che, anni fa, Jabbar si era convertito all’islam. Scelta che di recente lo aveva portato a trasferirsi nel quartiere musulmano di Houston, nei pressi della moschea. Gentile e acuto ma socialmente isolato, l’uomo si sarebbe avvicinato all’Isis la scorsa estate. Lo ha raccontato lui stesso in uno dei cinque video postati sui social network proprio lungo il tragitto in macchina, una Ford F-150 bianca noleggiata con la app Turo, verso New Orleans. In uno di questi spiegava pure che la sua idea iniziale era di fare del male alla sua famiglia e ai suoi amici ma che aveva cambiato idea temendo che la tragedia non sarebbe trattata da giornali e televisioni come effetto della «guerra tra credenti e miscredenti». Radicalizzazione islamica e puro «desiderio di uccidere» sono i moventi all’origine della mattanza compiuta con una destrezza facilmente interpretabile come residuo dell’addestramento militare. Al momento dell’attentato, Jabbar indossava mimetica e giubbotto antiproiettile. Il dispositivo esplosivo ritrovato sul suo pick-up era conservato all’interno di una borsa termica. Pieno di chiodi era quello individuato nel vano di un condizionatore piazzato, in strada, a distanza due isolati dal luogo dell’attacco. Entrambi gli ordigni sono stati poi disinnescati dagli artificieri.

Per capire se il 42enne texano, cittadino statunitense, ha davvero agito da solo bisognerà aspettare l’esito delle verifiche sui tre cellulari e sui due pc portatili di sua proprietà recuperati dalle forze dell’ordine che, ieri, hanno pure perquisito un appartamento a New Orleans, preso in affitto su Airbnb, additato dal procuratore generale della Louisiana, Liz Murrill, come base per la fabbricazione delle bombe preparate per l’attacco.

”Big Easy”, così viene chiamata la città sul Mississippi votata al jazz , alla movida e al divertimento, cerca intanto di voltare pagina. Il lutto ha imposto sobrietà allo Sugar Bowl, la tradizionale partita di football americano del primo gennaio, che quest’anno vede scendere in campo University of Georgia contro Notre Dame, rinviata di un giorno a causa della tragedia. Il clima di festa è silenziato dal ricordo delle vittime.

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