martedì 9 gennaio 2024
Superate le 23mila vittime su una popolazione di 2,3 milioni. L’esercito: avviata una fase meno intensa dei combattimenti In Libano. Raid elimina un capo locale di Hezbollah
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Un abitante su cento è morto, a Gaza. Più di uno su quaranta è rimasto ferito. Per quanto gli unici dati siano quelli del ministero della Salute di Hamas, non tengono conto delle persone disperse sotto le macerie e appaiono compatibili con la cifra di almeno 8mila terroristi uccisi nella Striscia fornita da Israele. L’ultimo bilancio riferisce di 23.084 morti e 58.416 feriti, su una popolazione di 2,27 milioni. In una giornata 247 vittime. Del totale, circa 9mila sarebbero minori e 5.300 donne. Non che questo significhi innocenti, argomenta The Times of Israel pubblicando una serie di foto che l’esercito avrebbe trovato in una scuola di Khan Yunis e le quali ritraggono adolescenti che imbracciano Kalashnikov durante una presunta “lezione di uso delle armi”. I fiancheggiatori di Hamas sarebbero i palestinesi ordinari che comunicano le posizioni dei soldati e che tacciono sugli imbocchi dei tunnel mimetizzati fra strutture sanitarie, sostiene l’esercito. In uno scenario del genere, chiunque può diventare "legittimo" bersaglio, nella visione dei militari. Le forze di difesa israeliane affermano che due giornalisti uccisi l’altro giorno, fra cui il figlio del capo dell’ufficio di al-Jazeera nella Striscia, erano in auto assieme a un «terrorista».

«La situazione per uomini, donne e bambini a Gaza rimane disastrosa. Troppi palestinesi sono stati uccisi, soprattutto bambini», ha scritto su X il segretario di Stato americano Antony Blinken, alla sua quarta missione in Medio Oriente in tre mesi di guerra. Il capo della diplomazia americana – che ha fatto tappa in Turchia, Grecia, Giordania, Qatar e Arabia Saudita e nella notte è arrivato a Israele – ha bollato come «irresponsabili» e «incendiarie» le dichiarazioni dei ministri dell’estrema destra del governo di Benjamin Netanyahu che chiedono l’allontanamento dei palestinesi da Gaza e il ritorno delle colonie ebraiche. Ai civili sfollati (oltre l’80 per cento della popolazione), ha detto parlando dal Qatar, deve essere consentito di «rientrare a casa non appena le condizioni lo consentiranno».

A Doha sono volate ieri anche le famiglie di sei dei 132 rapiti ancora in mano ai terroristi. «Abbiamo incontrato il primo ministro Mohammed bin Abdulrahman Al Than» ha riferito Daniel Lifshitz. «Il messaggio chiave che ci è stato consegnato è che un cessate il fuoco accelererà l’avanzamento dei negoziati per il rilascio di tutti gli ostaggi». Nelle stesse ore la Jihad ha diffuso il video di uno degli ostaggi che, facendo riferimento a eventi recenti, dimostra di essere ancora in vita e chiede al governo di cessare l’offensiva. «Non dite alla mia famiglia che avete fatto tutto per il mio rilascio. Questo non è vero» è costretto a dire Elad Katzir, 47 anni, già apparso il 20 dicembre in un video di propaganda del gruppo islamista. I familiari hanno chiesto che il video non sia diffuso in Israele. La Jihad ha anche dichiarato di avere fermato un intento dell’esercito di liberare uno dei rapiti nel centra della Striscia. Dopo i 105 liberati durante la tregua di fine novembre, Hamas più volte ha ribadito che non rilascerà altri ostaggi a meno che Israele non fermi definitivamente l’offensiva.

E invece sarebbe alla fine solo la fase massiccia, mentre l’esercito starebbe entrando in una «nuova fase» della guerra contro Hamas, ha detto al New York Times il portavoce militare Daniel Hagari. «È iniziata una fase meno intensa dei combattimenti» caratterizzata da un ricorso minore alle forze di terra e agli attacchi aerei, ha precisato Hagari a poche ore dall’arrivo in Israele di Blinken. L’alleggerimento su Gaza preluderebbe a un rafforzamento sul fronte nord con il Libano, per fronteggiare il movimento filo-iraniano Hezbollah. In un raid sulla cittadina di Kherber Selem, 20 chilometri a nord dalla linea di demarcazione con Israele, è stato ucciso ieri un dirigente delle operazioni di Hezbollah Wissam Tawil, capo di una sezione delle forze speciali Radwan. L’esercito ha anche detto di avere ucciso uno dei responsabili del lancio di razzi dalla Siria. Si tratterebbe di Hassan Akasha, colpito a Beit Jinn, nel sud della Siria. Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha avvertito che Israele può «replicare a Beirut» quello che «sta avvenendo a Gaza». Intervistato dal Wall Street Journal, ha detto che l’idea che Hamas, Hezbollah e l’Iran «abbiano il permesso di decidere come viviamo la nostra vita qui in Israele» è «qualcosa che non accettiamo». Sebbene Israele non voglia allargare il conflitto, Gallant ha affermato che «80mila persone devono poter tornare alle loro case in sicurezza», e quindi se tutto il resto fallisce «siamo disposti a sacrificarci».

Sui tanti fronti mediorientali pronti a incendiarsi anche l’Europa prova a fare da pompiere. «Ho incontrato il segretario di Stato americano, Antony Blinken» scrive su X l’Alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera, Josep Borrell anche lui in Arabia Saudita. «Abbiamo confrontato gli appunti sui nostri colloqui nella regione e gli sforzi per ridurre la tensione, alleviare la catastrofe umanitaria in corso a Gaza e rafforzare il ruolo indispensabile delle Nazioni Unite». Anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani, nell’anno della presidenza italiana del G7, ha preso contatti per dare forza alla prospettiva «difficile ma ineludibile» della soluzione «due Stati per due popoli».

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