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Nella notte tra giovedì 3 e venerdì 4 marzo i russi hanno bombardato la centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d'Europa. Le autorità confermano che "non sono state compromesse le strutture essenziali". Dopo l’attacco aumenta la paura per una “nuova Chernobyl”, nonostante il governo abbia chiarito che non è stata registrata una fuga radioattiva.
Nel territorio di Kiev sono 15 i reattori attivi, divisi in 4 impianti. Le operazioni militari potrebbero mettere a rischio la sicurezza di queste centrali: ecco dove sono e quali pericoli si corrono.
La centrale di Zaporizhzhia nell’Ucraina centrale nei pressi della città di Enerhodar, sulle sponde del bacino idrico di Kachovka sul fiume Dnepr, è la più grande centrale nucleare d’Europa, la quinta del mondo dopo una giapponese, attualmente ferma, una canadese e due della Corea del Sud, ed è la 16ma tra tutti gli impianti di produzione elettrica (11 sono dighe). Un impianto strategico.
Genera, infatti, circa la metà dell’elettricità prodotta nella nazione proveniente da fonte nucleare e oltre un quinto dell’elettricità totale prodotta in Ucraina.
È composto di sei reattori nucleari da 950 Mw ciascuno, per un totale di 5.700 Mw.
La centrale nucleare di Zaporizhzhia sotto i bombardamenti russi - Ansa
La decisione di realizzare l’impianto venne presa dall’allora Urss nel 1978, dopo l’entrata in produzione della tristemente nota centrale di Chernobyl, anch’essa in Ucraina. Storie che spesso si sono incrociate.
Il progetto iniziale di Zaporizhzhia prevedeva quattro reattori con una capacità combinata di 4.000 Mw, fu approvato nel 1980, e la prima unità entrò in produzione nel 1984. Le altre tre furono messe in produzione nel 1985, 1986 e 1987, e questo malgrado il disastro di Chernobyl del 26 aprile 1986. Anzi va avanti anche la seconda fase del programma che prevede ulteriori due reattori. Il quinto viene acceso nel 1989, ma proprio la vicenda di Chernobyl spinge nel 1989 il Consiglio Supremo dell’Ucraina a ordinare una moratoria di nuove centrali nucleari che blocca la realizzazione della sesta unità. Ma lo stop dura poco e nel 1995 entra in funzione anche l’ultimo reattore. L’impianto è costituito da sei reattori refrigerati e moderati ad acqua pressurizzata di tecnologia sovietica. È denominato VVER-1000/V-320, che sta per Vodo-Vodjanoj Ėnergetičeskij Reaktor cioè, appunto, “Reattore Energetico Acqua-Acqua”. Si tratta di una tecnologia diversa rispetto agli RBMK 1000 della centrale di Chernobyl che aveva reattori reattori moderati a grafite e refrigerati con acqua bollente. E anche rispetto all’impianto giapponese di Fukushima (BWR, reattore ad acqua bollente, moderato ad acqua leggera) dove nel marzo 2011 avvenne un gravissimo incidente nucleare provocato dal terremoto e dal successivo tsunami.
In comune tra i disastri di Chernobyl e Fukushima fu il blocco dei generatori elettrici di emergenza che controllano il raffreddamento dei reattori ed è il rischio che si è corso questa notte anche a Zaporizhzhia, quando l’artiglieria russa ha colpito alcuni edifici dell’impianto. Inoltre nella stessa area della centrale è presente anche un impianto di stoccaggio a secco del combustibile nucleare esaurito dove le barre di uranio vengono immagazzinate dopo essere state per cinque anni nelle cosiddette “piscine di raffreddamento” per far calare la radioattività. Questo “cimitero” nucleare è predisposto per 380 contenitori di stoccaggio da 144 tonnellate ciascuno. Entrato in funzione nel 2004 ne contiene già 167. Un altro luogo ad altissimo rischio, soprattutto in zone di guerra.