mercoledì 8 maggio 2024
Tra un mese inizieranno i Grest e migliaia di ragazzi riempiranno gli oratori. Ne parla qui don Stefano Guidi, direttore Fom: «Potrebbero fare altre cose e invece continuano ad esserci. Perché?
«Adolescenti in oratorio, è il tempo dell’ascolto»

Fom

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Negli oratori della diocesi di Milano (e non solo) sta partendo il count down: un mese al via dell’estate oratoriana 2024, che quest’anno vedrà protagonista il tema del viaggio sotto lo slogan «ViaVai» («Mi indicherai il sentiero della vita»), per un’esperienza di socialità, amicizia e fede che anno dopo anno continua a calamitare dentro i centri giovanili delle parrocchie ambrosiane schiere di bambini e di ragazzi. Con alcune novità che bussano alla porta degli oratori, e delle quali è attento osservatore don Stefano Guidi, responsabile della Fondazione Oratori Milanesi (Fom) cui fanno capo 937 oratori su 1.107 parrocchie della diocesi.

Quali novità vede emergere?

Gli oratori della diocesi di Milano – e mi permetto di allargare lo sguardo anche agli oratori lombardi – hanno retto abbastanza bene l’urto del Covid. Mi riferisco alle chiusure drastiche e alle aperture a intermittenza che di fatto hanno interrotto e pregiudicato i processi educativi in corso. Gli oratori sono stati in grado di mantenere viva e vivace una buona relazione con i propri giovani e adolescenti. I segnali di novità li vedo proprio su questo ambito: si è innescato un processo di maggiore e approfondita attenzione al mondo degli adolescenti e dei preadolescenti. Nella diocesi di Milano stanno nascendo spontaneamente “oratori per gli adolescenti”, con una proposta specifica, dedicando spazi e tempi e investendo risorse economiche importanti. È un segnale di vivacità della comunità ecclesiale che, purtroppo, non sempre fa notizia ma che a livello di istituzioni invece è stato ampiamente colto. Penso al recente bando “Porte aperte” promosso da Cariplo.

Come stanno cambiando i ragazzi che frequentano gli oratori ambrosiani?

Il cambiamento in atto è un processo lungo di cui noi vediamo e riusciamo a interpretare solo alcuni segnali, probabilmente quelli più superficiali, come la partecipazione e la frequenza alle proposte, inclusa la Messa domenicale. Ma il dato della partecipazione, da solo, non dice più niente, o dice poco. Credo che abbiamo bisogno oggi di una lettura più profonda. I ragazzi, gli adolescenti e i giovani di oggi non possono essere considerati come utenti, o peggio come clienti, di un prodotto religioso. Il Sinodo dei giovani l’ha richiamato con ostinazione: è necessario ascoltare i giovani. Senza questa disponibilità all’ascolto la pastorale giovanile diventa un’azione alla lunga fallimentare. Quindi per me non ci sono dubbi: l’oratorio inizia quando una parrocchia si decide ad ascoltare e a incontrare i ragazzi del proprio territorio, nessuno escluso. E lì probabilmente nasce qualcosa, che dovrà poi essere accompagnato, capito, educato. Ma il primo passo è sempre la decisione di ascoltare e incontrare. Vorrei essere preciso: l’atteggiamento di ascolto non è finalizzato ad aumentare l’audience dell’oratorio ma è l’unico modo per entrare in relazione con i ragazzi e i giovani di oggi. I tratti del cambiamento in atto sono molteplici: la generazione giovanile attuale deve fare i conti con una situazione di malessere interiore che sembra non lasciare scampo e avere la forza per negare ogni desiderio di felicità. La cultura individualista prevalente comincia a presentare il conto: per un adolescente di oggi è urgente sentirsi visto e sapersi pensato. Gli oratori devono rinnovarsi a partire da un’esigenza profonda che ragazzi e giovani hanno: incontrare adulti capaci di ascolto e di sguardo.

Cosa potrebbe suggerire ai ragazzi il tema del viaggio scelto per l’estate 2024?

Come oratori della Lombardia abbiamo scelto questo tema per lavorare su una esperienza concreta e proiettarci verso il Giubileo ormai imminente. Su questo punto gli oratori hanno buone carte da giocare: basti pensare cos’è diventata l’esperienza del viaggio, del cammino o del pellegrinaggio, nell’immaginario collettivo: assorbito quasi totalmente dalla dimensione commerciale e turistica. Cioè, oggetto di consumo, bene da acquistare e possedere. Noi vogliamo fare un discorso diverso: riprendere il viaggio come metafora della vita e soprattutto come spazio di libertà soggettiva e possibilità di rinnovamento delle proprie relazioni.

È quindi un invito forte al cambiamento di sé stessi. Gli oratori propongono questa esperienza, anche concretamente e non solo come riflessione educativa, perché sanno che i ragazzi ne sono capaci: sono alla ricerca di una libertà più profonda, più vera, e sono capaci di cambiamento in positivo, per loro stessi, e non solo.

A quali condizioni può essere davvero significativa per i ragazzi l’esperienza dell’oratorio estivo oggi?

I detrattori di questa esperienza – vi assicuro che ce ne sono... – la leggono solo come un’offerta sociale a costo zero, o quasi. Non sono d’accordo. Lo capisco dagli adolescenti che dopo il Covid sono ritornati in massa negli oratori, soprattutto d’estate. A mio avviso gli adolescenti sono i veri dimenticati dalla nostra società, ciò nonostante persiste un pregiudizio sociale a dir poco oppressivo nei loro confronti: non avrebbero bisogno di frequentare l’oratorio estivo perché possono badare a loro stessi, avendo ormai un grado di autonomia sufficiente. Perché ci vanno allora? Perché vanno in oratorio a massacrarsi per 5 o 6 settimane d’estate, facendo giocare i figli di altre famiglie dalla mattina alla sera, e per giunta gratuitamente. Perché lo fanno? Probabilmente trovano in oratorio una risposta a qualcosa che cercano. Trovano i loro amici, certo: e dite che è poco? Qualche tempo fa Matteo Lancini, psicologo dell’adolescenza, mi disse che è così perché in oratorio i ragazzi trovano un ruolo, un posto pensato per loro. Questa affermazione mi provoca tantissimo e la ritengo molto vera. Ancora una volta non possiamo che dire questo: i ragazzi e gli adolescenti potranno vivere una esperienza significativa in oratorio non soltanto a partire da loro stessi e dal loro grado di impegno ma a condizione che una comunità di adulti abbia per loro un pensiero educativo significativo.

In un’età critica per rendere personale una fede “ereditata” da altri quale domanda religiosa esprimono, e come va affrontata?

Si apre qui una questione immensa: quella della trasmissione della fede. Da tanti anni, e credo anche con buone ragioni, parliamo della famiglia come primo soggetto della trasmissione della fede, ma poi facciamo fatica ad articolare questo assunto in due declinazioni altrettanto fondamentali. Innanzitutto il fatto che ogni famiglia – nella misura in cui vuole essere un soggetto educativo – ha la necessità di aprirsi alla dimensione sociale dell’educazione. Faccio un esempio concreto: la relazione tra la famiglia e la scuola è spesso un campo minato. Non va bene. Spesso i ragazzi non ricevono dalle loro famiglie un messaggio di fiducia e di rispetto sociale riferito agli altri adulti e alle altre agenzie educative. Il secondo aspetto che ci sfugge è la dinamica del processo di crescita: gli adolescenti per poter crescere bene hanno bisogno di attraversare anche una fase di forte di distacco – se non di vera obiezione o negazione – dai valori e i costumi genitoriali e familiari. È questo distacco che genera lo spazio per il loro “poter essere”. A mio avviso questi sono i due fronti aperti su cui dobbiamo lavorare e su cui sentiamo di avere pochi strumenti: aiutare i genitori a passare da una situazione di grave conflittualità educativa a una condizione di fiducia educativa e attrezzarci a sostenere i processi di crescita, caratterizzati – per necessità – da conflittualità, prese di distanza e riappropriazione originale.

Fom e Avvenire avviano oggi il cantiere di un progetto di comunicazione per gli adolescenti negli oratori, di cui anche questa pagina è parte. Perché un’idea simile?

Innanzitutto ringrazio Avvenire per questa iniziativa. C’è sicuramente alla base l’idea di avvicinare gli adolescenti al nostro giornale, un tema da non banalizzare e da non interpretare come una mera campagna pubblicitaria. La questione invece è seria: come un quotidiano nazionale lavora per avvicinarsi ed essere attrattivo agli adolescenti di oggi, e quali occasioni e modalità gli adolescenti hanno di leggere, approfondire, sviluppare un pensiero critico autonomo. In secondo luogo c’è l’idea condivisa che gli adolescenti sono a tutti gli effetti i primi e i più efficaci testimoni dell’oratorio. E possono esserlo anche con i social. Il laboratorio Fom-Avvenire vuole essere uno strumento di aiuto in questo senso.

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