Giudizio profondamente positivo sulle nuove Linee di indirizzo per l’affido familiare approvate dalla Conferenza Stato-Regione. Piena consapevolezza sul fatto che il documento dev’essere ora ratificato al più presto e, soprattutto, sostenuto economicamente dalle Regioni oppure rischierà di rimanere lettera morta. Molte perplessità sul disegno di legge che oggi dovrebbe arrivare in Consiglio dei ministri e che – se il testo rimarrà immutato - sembra finalizzato più al controllo e meno al sostegno delle famiglie affidatarie. Tutto questo quando in Italia manca ancora un Piano nazionale straordinario per l’affidamento familiare e l’attivazione di apposite cabine di regia operativa, nazionale e regionali, deputate alla guida e al coordinamento dei percorsi attuativi. È l’opinione delle associazioni che da anni sono impegnate nel Tavolo nazionale affidi, di fronte alle novità di questi giorni.
Frida Tonizzo, presidente Anffa (Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie) esprime un giudizio complessivamente positivo sulle Linee di indirizzo ma sottolinea la necessità di stanziamenti adeguati da parte delle Regioni, con finanziamenti mirati sia per la realizzazione del progetto, sia per la formazione delle persone e per la qualificazione professionale. Ma mette anche a confronto lo spirito positivo delle “Linee” che pongono al centro la valorizzazione della famiglia d’origine e la scelta solidale di quella affidataria, con l’atteggiamento quasi repressivo di un disegno di legge finalizzato esclusivamente a verificare, monitorare, registrare. “Due perplessità. Il fatto che il disegno di legge sia a costo zero, e oggi ben sappiano che a costo zero non si nessun passo in avanti. E la confusione che viene fatta tra istituti, comunità e famiglie affidatarie”, fa notare l’esperta. Come è noto, gli istituti per i minori sono stati cancellati fin dal 2006 e il fatto di rivederli citati in una legge fa riemergere situazioni che sembravo superate per sempre. A meno che non si tratti di un lapsus. “Ma l’aspetto più grave – sottolinea ancora Tonizzo - è che non faccia distinzioni tra affido consensuale, affido giudiziale e collocamento in strutture d’accoglienza, tipo case-famiglia. Sono due percorsi diversi. Per le strutture d’accoglienza la legge del 1983 già prevedeva che il controllo fosse affidato alle procure minorili, mentre quelle terapeutiche dipendono dalle aziende sanitari”. Adesso il disegno di legge prevede un controllo serratissimo da realizzare sia a libello nazionale, sia a livello locale dai vari tribunali. “Ma come sarà possibile, se abbiamo già i tribunali in sofferenza, con pesantissimi problemi di organico? Chi aggiornerà i registri secondo quanto disposto dal ddl se manca il personale amministrativo?”.
Rimane sullo sfondo l’opportunità di creare un nuovo Osservatorio da destinare al monitoraggio delle procedure d’affido. È proprio utile, visto che abbiamo già un Osservatorio sull’infanzia e un altro sulla violenza contro i minori, che coinvolgono entrambi decine di persone?
Se lo chiede anche Valter Martini, responsabile affidi della “Papa Giovanni XXIII” d’accordo nel considerare il rischio che il disegno di legge possa risultare scoraggiante nei confronti delle famiglie affidatarie. “Sembra un testo più finalizzato al controllo e alla vigilanza che non all’incentivazione chi vorrebbe aprirsi all’affido. C’è solo da sperare che al momento dell’approvazione arrivi qualche opportuno ritocco”. Grandi speranze invece per le Linee guida il cui spirito viene considerato positivo, con buoni riferimenti e indicazioni condivisibili. “Certo – aggiunge Martini - ora bisogna fare i conti con i limiti di spesa delle Regioni. Perché, se non ci sono progetti finanziati poi, nonostante le Linee guida, i bambini finiscono nelle strutture. Ma, ripeto, avere delle tracce, delle mete positive, è giusto”.
Federico Zullo, presidente di Agevolando, sottolinea con soddisfazione che le Linee di indirizzo raccomandano di avviare il percorso di autonomia del/della neomaggiorenne fin dal diciassettesimo anno di età affinché l'uscita dal percorso di affido non sia troppo repentina e poco preparata. “Un'attenzione particolare viene data anche alla necessità di promuovere un lavoro di rete con i servizi e le opportunità per gli adulti cosicché i ragazzi e le ragazze possano trovare risposte ai loro bisogni anche una volta conclusi i progetti di accompagnamento all'autonomia”. Zullo ricorda che sono circa 3mila ogni anno i ragazzi e le ragazze che concludono il loro percorso di tutela in affido o comunità al compimento della maggiore età. “Penso che l'aggiornamento delle Linee di indirizzo permetta di inquadrare il percorso di tutela/accoglienza in modo integrato tra il "prima" e il "dopo" considerando la necessità vedere il progetto di ogni ragazzo lungo un continuum che tiene in considerazione lo sviluppo della persona non "legandola" agli obblighi di legge (minore età, protezione, tutela) ma ai suoi bisogni ancorati alle tappe graduali che ne rappresentano la crescita”
Marco Giordano fondatore e direttore del Centro Studi Affidi di Progetto Famiglia, docente universitario di servizio sociale, oltre che assistente sociale e genitore affidatario, mette in luce come “l’intera platea dei contenuti delle nuove Linee di indirizzo, abbisognano di un forte passo in avanti, fatto di politiche, investimenti, progetti, servizi dedicati. Per orientare questo delicato e importante processo, urgono il lancio di un Piano Nazionale Straordinario per l’Affidamento Familiare e l’attivazione di apposite cabine di regia operativa, nazionale e regionali, deputate alla guida e al coordinamento dei percorsi attuativi. Solo avanzando in modo concreto e coraggioso lungo questi sentieri, sarà possibile rendere finalmente esigibile quel diritto al benessere e alla continuità nelle relazioni familiari che da troppo tempo nel nostro Paese resta solo parzialmente garantito”.
“Le Linee di indirizzo – prosegue Giordano - rappresentano fin dalla prima versione, la «sintesi di un lavoro pluriennale» che «mette a sistema il ricco bagaglio di esperienze, riflessioni, strumenti» (p. 3) maturato in questi quattro decenni di attuazione dell’affidamento familiare in Italia. Sintesi che «al di là della valenza specifica per una pratica dei servizi così delicata quale quella dell'affido (…) concretizza un accordo di portata storica per il nostro sistema dei servizi sociali» (p. 3). La versione aggiornata recepisce in un quadro organico numerose importanti novità e indicazioni, tra le quali quelle lanciate dalla Raccomandazione della Commissione Europea “Investing in Children: breaking the cycle of disadvantage” del 2013 sul rafforzamento delle azioni di prevenzione delle cause degli allontanamenti e di empowerment delle competenze genitoriali, quelle introdotte dalla legge 173/2015 sulla continuità affettiva dei minorenni in affidamento, quelle disciplinate dalla cd. Riforma Cartabia, in vigore dal giugno 2022, con particolare riguardo alle modifiche apportate all’art. 403 del Codice civile in materia di allontanamento dei minorenni dalla loro famiglia.
Cristina Riccardi, vicepresidente Aibi e del Forum delle associazioni familiari, valuta positivamente il fatto che “le Linee d’indirizzo aggiornate integrino sostanzialmente le novità normative che risalgono al 2015 con la legge 175 (continuità affettiva e ascolto del minore nonché delle famiglie affidatarie sono contemplate in questa). Il fatto che si ribadisca il valore preventivo dell’affidamento familiare non può che far piacere in quanto, se applicato, andrebbe a correggere una distorsione creatasi a causa dell’impossibilità di applicare pienamente l’istituto dell’affido famigliare che ha come uno dei pilastri la valutazione approfondita e gli eventuali sostegni alla famiglia in difficoltà. Questo è, a mio parere, il vero motivo del prevalere degli affidi sine die; mi riferisco in particolare a quelli che si protraggono senza un progetto che li giustifichi, progetti abbandonati a se stessi che procedono per la buona volontà spesso delle famiglie affidatarie. Ci sono situazioni che si prolungano nel tempo configurandosi come prossimità famigliare che invece , se ben sostenuti e condivisi, possono avere tempi lunghi giustificati”.
“Nell’ottica della prevenzione – prosegue Riccardi - da anni l’associazionismo famigliare chiede a gran voce che si applichino forme di affido part time nella logica del sostegno tra famiglie e per evitare addirittura, quando possibile, quello residenziale. Ci auguriamo ora che le Linee d’indirizzo nazionali siano velocemente ratificate dalle regioni e applicate nei comuni. Il percorso è lungo, ma essendo un documento approvato anche dalla Conferenza Stato-Regioni, si può confidare nel fatto che non sia messo in discussione pur rimanendo un suggerimento senza alcun obbligo di applicazione.
Per omogeneizzare l’applicazione della normativa nazionale sull’affidamento famigliare occorrerebbero azioni più significative al fianco delle linee guida come un investimento nei servizi di tutela minori, nei centri affido, nel coinvolgimento attivo e responsabile del privato sociale ... una narrazione che abbandoni definitivamente l’immagine distorta che è stata costruita negli ultimi anni dell’affido famigliare”.
Luci e ombre invece, anche a parere di Riccardi, sulla bozza del ddl che “sembra avere prettamente funzione di controllo. Ben venga una banca dati dei minori fuori famiglia nazionale e territoriale aggiornata con il registro delle strutture, nonché la verifica sull’applicazione dell’istituto dell’affido, purchè l’obiettivo non sia solo evidenziare le storture, ma anche le buone prassi per costruire una cultura dell’affido famigliare che non renda più necessario sottolinearne nelle linee di indirizzo il valore preventivo. Si deve valutare la funzionalità di un sistema mettendolo prima nelle condizioni di funzionare al meglio”.