venerdì 4 marzo 2022
L'ex ministro greco: sanzioni utili, ma richiedono tempo, rischiamo intanto una strage di civili. L'Europa ha delegato troppo a Stati Uniti e Nato. Esercito comune? Prima serve nuovo assetto dell'Ue
Yanis Varoufakis, ex ministro delle Finanze della Grecia, oggi leader del movimento Democracy in Europe Movement 2025

Yanis Varoufakis, ex ministro delle Finanze della Grecia, oggi leader del movimento Democracy in Europe Movement 2025

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Dice di temere per il futuro «un mondo impoverito e sempre più insicuro» Yanis Varoufakis, l’ex ministro delle Finanze protagonista nel 2015 della crisi greca e del conflitto con la "Troika". Dal suo osservatorio di leader di Diem25, uno dei rari movimenti politici basati su un messaggio transnazionale, l’attuale deputato greco di Mera (derivazione partitica di Diem) indica quello che dovrebbe essere l’obiettivo primario per tentare di uscire dal conflitto: «Bisogna fermare la guerra e garantire il ritiro delle truppe russe dall’Ucraina. L’unico modo realista per arrivarci è su una base internazionale: quindi un accordo fra Washington e Mosca per far sì che la Russia si ritiri in cambio di un impegno di neutralità ucraina o il problema si riproporrà. Tutto il resto è guerrafondaio. O, nella migliore delle ipotesi, basato sulla fiducia, oggi senza basi, che Putin cadrà presto - anche se non è detto che la questione si esaurisca con Putin - e che in Russia sorgerà un regime filo-occidentale».
Le sanzioni economiche sono utili o no?
Non sono inutili. Ma impiegano molto tempo per funzionare. Quando le sanzioni occidentali indeboliranno il regime di Putin, che peraltro ha il vantaggio di poter fare nuovi affari sul fronte asiatico, sarà troppo tardi per migliaia di ucraini, forse per l’Ucraina nel suo insieme. Va evitata una strage. Questo è il motivo per cui è imperativo trovare, subito, una soluzione diplomatica.
Spedendo armi all’Ucraina, la Ue perde il senso di una comunità che fa crescere la pace? O è un'occasione, tragica, per dar vita finalmente a un esercito comune?
Un esercito comune ha senso solo se abbiamo un governo comune, eletto direttamente. Nell’attuale processo decisionale intergovernativo sarebbe ridicolo. Chi ordinerà a questi uomini e donne di andare in guerra? Ursula von der Leyen? Macron? Scholz? O avremo ogni volta il Consiglio Europeo riunito per supervisionare le operazioni militari? Prima dobbiamo avviare il processo di cui nessuno parla: il processo di creazione di una Ue democratica e federale.
Ma è legittimo rifornire di armi chi sta combattendo?
Certo che lo è, non farlo rafforza l’aggressore. Desidero solo che armiamo tutti coloro che stanno difendendo le loro case, come i curdi, gli yemeniti, i siriani, i palestinesi. Invece, spesso l’Europa arma o si allea anche con sue potenziali fonti di insidie. Questi doppi standard stanno indebolendo la credibilità e l’influenza dell’Europa.
Chi è Putin oggi, quale giudizio su di lui?
Sarà incluso negli annali della storia nel capitolo riservato ai leader più brutali e feroci, che hanno scelto una guerra evitabile a cui non erano costretti. Non scordiamo che aveva commesso già in Cecenia abominevoli crimini di guerra. È lodevole il coraggio con cui gli ucraini resistono, ma la mia più grande paura è che, se i tempi si allungano, Putin appiattisca Kiev con la stessa brutalità con cui ha demolito Grozny. Sarebbe una strage di decine di migliaia di civili. Non perdiamo tempo.
Il Patto di stabilità Ue sui conti pubblici va sospeso, anche per rafforzare gli aiuti ad aziende e cittadini che vengono colpiti nei nostri Paesi dai riflessi del conflitto?
Il Patto Ue va cestinato, non sospeso. E va sostituito con un processo di europeizzazione di gran parte del debito pubblico e degli investimenti verdi aggregati. Qualcosa di meno approfondirà solo le divisioni. L’Ue non è stata così timida, come molti pensavano, nell’emettere debito comune. È una condizione necessaria per l’unione politica. Tuttavia, non è sufficiente e, peggio ancora, può spingerci nella direzione sbagliata. Il debito emesso deve convertire automaticamente il debito nazionale in quello europeo, senza baratti politici e nel contesto di un ministero delle Finanze di tipo federale, democraticamente controllato. Tragicamente, oggi, siamo più lontani che mai da questo.
Quali errori hanno fatto i Paesi europei per far precipitare la situazione a questo punto?
La storia condannerà in ogni caso i leader dell’Ue, che non possono nascondersi dietro a un dito per non aver mantenuto la promessa fondamentale fatta ai cittadini europei: mai più una guerra sul continente. Il più grande errore dell’Europa è stato quello di delegare a Washington e alla Nato. Washington ha fuorviato nel tempo i vari governi ucraini con promesse che gli Stati Uniti non avrebbero mai mantenuto, spingendoli sempre più verso uno scontro con Mosca che metteva in pericolo la pace in Europa e giustificando l’espansione della Nato con l’argomento che era l’unico scudo dalle tensioni che gli Usa stessi stavano contribuendo a creare. E l’Europa ha giocato alla cieca, servendo gli interessi di Washington nelle tensioni con la Russia.
Vede quindi anche delle responsabilità degli Usa?
Tutte le amministrazioni, da Clinton e George W. Bush n poi, hanno violato l’accordo tra gli Usa e Gorbaciov (l'ultimo presidente dell'Unione Sovietica, ndr) secondo cui l’Urss avrebbe lasciato andare i paesi dell’Europa orientale, ma la Nato non si sarebbe espansa verso Est.
Il movimento pacifista non sta reagendo con la stessa forza esibita per Iraq e Afghanistan?
In quei casi, però, di fatto alla fine il movimento pacifista ha fallito. Magnifici raduni ma, poi, nessuna vera resistenza. Il fatto è che a certi diritti e certe libertà bisogna guardare a 360 gradi, non a intermittenza: penso sia molto significativo, a esempio, che Julian Assange (giornalista e co-fondatore del sito WikiLeaks, del quale gli Stati Uniti hanno chiesto da tempo l'estradizione, ndr), che ci ha fornito informazioni straordinarie sui crimini commessi in quei Paesi, stia marcendo dal 2019 agli arresti in Gran Bretagna nell’indifferenza globale, senza molto sostegno pubblico, tranne quello di Diem25 e dell'Internazionale Progressista. Sull’Ucraina finora chi ha preso una posizione netta anti-guerra rischia di essere diffamato come un «tirapiedi» di Putin. Speriamo che cambi questo modo di vedere le cose.

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