lunedì 1 marzo 2021
Nella New York degli anni Ottanta Sam Tsemberis, giovane psicologo della Columbia, decide di rispondere concretamente all’arretramento dell’assistenza sociale mentre avanzano le politiche neoliberiste
Housing first, prima la Casa

Ansa

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«Mi occupo di persone con problemi psichici e a New York, negli anni ’80 vedevo finire in strada tanti che frequentavano il mio ospedale: a seguito dell’economia neoliberista imposta dall’amministrazione Reagan c’era chi non aveva più sussidi, e chi perdeva il lavoro e non poteva più pagarsi un appartamento. Le case popolari non erano più finanziate, l’assistenza sociale ridotta: si diffondeva una nuova povertà e i portatori di disagio psichico erano i più colpiti». ​Allora Sam Tsemberis, psicologo e docente alla Columbia University, ha avuto un’idea tanto semplice quanto efficace: trovare una casa per chi era gettato in strada. Ce ne parla al telefono, con la pacatezza propria di chi compie opere importanti non per soldi o per la gloria, ma come servizio. Riuscì a farsi finanziare un programma nuovo, per dare una casa a chi ne era privo: così nel ’92 è nato "Housing First", la casa innanzitutto. «Quel primo programma ha dimostrato che se a una persona, pur fragile e vulnerabile, viene data una casa, trova una nuova dignità. Abbiamo cominciato a chiedere: dove vorresti vivere, in un appartamento? da solo o con altri? E a cercare la soluzione sperata. A differenza degli altri programmi di assistenza, abbiamo avuto ottimi risultati. Abbiamo dato una casa anche ad alcuni che non avrebbero potuto accedere agli usuali programmi, essendo alcolisti o drogati. E per la maggioranza le persone sono migliorate, hanno acquisito un nuovo equilibrio, alcune sono divenute autonome. Anche gli affetti da schizofrenia hanno tratto giovamento».
L’idea di Tsemberis si è allargata e strutturata, e Pathways to Housing First, divenuto sistema "a rete", si è diffuso negli Usa e nel mondo.

L'articolo integrale sul numero 1 di L'economia civile di mercoledì 3 marzo 2021

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