![A tempo di Trump: nelle aziende Usa diversità e inclusione vanno in stand-by A tempo di Trump: nelle aziende Usa diversità e inclusione vanno in stand-by](https://www.avvenire.it/c/2025/PublishingImages/c96f1606bcef4708a3de9a32cc933e80/1784437.jpg?width=1024)
ANSA
Tanto velocemente era ascesa, altrettanto rapidamente sta precipitando. La spinta a introdurre maggiore diversità, equità e inclusione (principi noti negli Usa sotto la sigla Dei) nelle aziende americane si sta sgonfiando come un pallone bucato prima dalle campagne degli attivisti conservatori, poi da una sentenza della Corte suprema e infine — colpo di grazia —dalla rielezione di Donald Trump. In questo momento negli Stati Uniti il cambiamento non potrebbe essere più chiaro: uno dei primi atti del nuovo presidente è stato il licenziamento di tutti dipendenti che lavorano negli uffici che promuovono la diversità e combattono la discriminazione. Mentre nel mondo privato le politiche Dei stanno morendo.
Meta, Amazon e McDonald sono gli ultimi colossi ad aver ridimensionato o eliminato le iniziative tese ad aiutare le donne e le persone di colore (i due gruppi maggiormente incoraggiati dai programmi) non solo a essere assunte ma anche a scalare la gerarchia aziendale. Ma almeno altre dieci grandi aziende statunitensi – tra cui Walmart, Boeing, Ford e Lowe’s – hanno annunciato passi indietro non appena hanno saputo, i primi di novembre, che il prossimo presidente sarebbe stato Trump, che durante il primo mandato aveva proibito agli appaltatori governativi di offrire formazione sui pregiudizi nei confronti del sesso, del colore della pelle e dell’orientamento sessuale.
Il concetto di Dei non è nuovo, ma si è imposto nel vocabolario americano solo nel 2020, quando, in seguito all’omicidio di George Floyd e alle successive proteste contro il razzismo e la brutalità della polizia, molte aziende e università si affrettarono a introdurre corsi e azioni di sensibilizzazione contro il razzismo. Tanto che alla fine dello stesso anno la maggior parte delle grandi aziende Usa aveva creato un bonus per i dirigenti legato agli obiettivi di diversità.
In seguito i programmi si sono estesi, finendo per infiltrarsi nella cultura aziendale e nelle decisioni quotidiane su come viene gestita un’organizzazione. È a quel punto che è cominciata la levata di scudi di una manciata di attivisti conservatori, il più vocale ed efficace dei quali è sicuramente l’aspirante deputato (finora fallito) Robert Starbuck, che ha cominciato ad associare ogni iniziativa legata alla diversità a una combinazione di burocrazia, esagerazione progressista ed elogio della mediocrità. Proprio gli attacchi online lanciati da Starbuck contro il gruppo d’investimenti BlackRock e contro Disney, accusate di promuovere un’agenda sociale “estrema” e discriminare contro i bianchi, hanno spinto le due aziende a fare marcia indietro. Allo stesso tempo, repubblicani di spicco come l’ex vicepresidente Mike Pence e il governatore della Florida Ron DeSantis hanno iniziato a invitare al boicottaggio delle iniziative Dei.
Lo stesso anno, la Corte Suprema ha proibito i programmi di azione affermativa nei campus universitari che fino a quel punto erano tenuti ad agevolare gli afroamericani nelle ammissioni. La sentenza non ha coinvolto le società private, ma ha rinvigorito il movimento anti-Dei, che ha intentato cause legali e presentato denunce contro le politiche aziendali che, secondo loro, favoriscono ingiustamente i lavoratori di colore. Entro la fine del 2023 negli Stati Uniti si era chiaramente diffusa la sensazione di un “attacco contro i bianchi”, come lo ha definito Trump in campagna elettorale, promettendo che, se eletto, avrebbe perseguito politiche anti-Dei.
Si è così arrivati alla settimana scorsa, quando Trump e Elon Musk hanno attribuito la devastazione degli incendi in California alla spinta Dei dei vigili del fuoco di Los Angeles e al fatto che il loro capo è una donna lesbica. Sempre recentemente, Mark Zuckerberg di Meta ha sottolineato il bisogno di «energia maschile» nelle aziende, lamentando che «gran parte del mondo produttivo è stato castrato culturalmente». Una mossa che si comprende meglio leggendo una nota interna, ottenuta dal sito Axios, in cui la vicepresidente delle risorse umane di Meta afferma che «il panorama politico che circonda gli sforzi in materia di diversità, equità e inclusione negli Stati Uniti sta cambiando e occorre adattarsi».
In realtà, gli uomini bianchi controllano ancora circa il 60% dei ruoli di comando nelle aziende, pur rappresentando il 30% della forza lavoro statunitense. E alcuni dirigenti, tra cui l’amministratore delegato di JPMorgan Jamie Dimon, hanno risposto alla prima ondata di critiche sostenendo che una forza lavoro composta da persone con background diversi aiuta un’azienda ad essere più innovativa. La rielezione di Trump, però, ha cementato il cambio di direzione. Gli attacchi sui social media di Starbuck e altri, come Edward Blum, hanno portato infatti John Deere, uno dei principali fabbricanti di macchine agricole, Harley Davidson e il produttore di whisky di Jack Daniel’s a ridimensionare o modificare le loro politiche. Ford, che ha quasi 200.000 dipendenti, ha detto che si asterrà da «questioni polarizzanti» e Toyota l’ha seguita a ruota.
È possibile però leggere lo sgretolamento repentino degli sforzi Dei come una reazione prevedibile (e già vista nella storia americana) ai movimenti che portano bruscamente al centro dell’attenzione il razzismo e il sessismo della società americana e colpevolizzano bianchi e uomini. In questo caso la diversità, l’equità e l’inclusione sono destinate a rinascere gradualmente, in modo più discreto, maggiormente di sostanza e meno politically correct, nelle stesse aziende che ora si affrettano a schierarsi con i principi trumpiani del Maga. Ma prima il pendolo anti-Dei potrebbe andare molto lontano, almeno per i prossimi quattro anni.