
Un soldato ucraino nella zona di Lypsi, zona di combattimento a 50 chilometri da Kharkiv - Ansa
«Pronto, per favore veniteci a prendere. Non ce la facciamo più a resistere sotto i bombardamenti russi». Il telefono continua a suonare. È la hot-line del Centro di coordinamento dei soccorsi di Kharkiv, la rete che riunisce quattrocento organizzazioni di volontariato impegnate accanto alla popolazione nella regione dell’Ucraina orientale che confina con la Russia e il Donbass occupato. Aiuti umanitari, distribuzione del cibo, riparazione delle case colpite, sostegno a bambini, disabili e anziani sono state le urgenze che l’hanno fatta nascere. Ma negli ultimi mesi l’attenzione si è centrata su un’emergenza: le evacuazioni. «Perché la Russia si sta accanendo di nuovo contro la nostra oblast», spiega il responsabile, Yevhen Koliada.
Yevhen Koliada, responsabile del Centro di coordinamento dei soccorsi di Kharkiv - Gambassi
Le chiamate sono senza sosta. «Ogni giorno sfolliamo dalla prima linea fino a cento abitanti», prosegue Yevhen. Oltre 55mila quelli già portati in salvo. «Però, soprattutto nell’ultimo periodo, siamo costretti a dire spesso di no, che non siamo in grado di andare a recuperare gli ultimi irriducibili. Alcuni ci ripetono: “Abbiamo i russi all’angolo della strada. Portateci via”». Troppo tardi. «Significherebbe mettere a rischio la vita dei volontari - sospira il referente del Coordinamento -. Siamo consapevoli che i soccorritori sono un target privilegiato di Putin. Vogliono abbattere il morale e prendono di mira la gente comune, compresi i membri delle nostre ong che sfidano la paura, la sorte e i raid per aiutare chi rischia di finire nelle mani del nemico».

La situazione nella regione di Kharkiv - DeepState
La geografia delle telefonate racconta la pressione crescente che Mosca sta esercitando sulla regione. Via terra: con le truppe russe che strappano nuove località e provano a penetrare oltre la frontiera. O dal cielo: con gli attacchi a tappeto che si abbattono su tutto il territorio. Il dialogo fra Mosca e Washington non si fa sentire qui. «La Russia bombarda con missili e droni, ma anche con l’artiglieria nelle aree più vicine al fronte e al confine - spiega il capo del dipartimento investigativo della Polizia di Kharkiv, Serhii Bolvinov -. E tutto diventa un obiettivo: abitazioni, edifici civili, strade, ponti. Abbiamo le prove che vengano usati razzi della Corea del Nord ma anche missili pieni di mine». Poi ci sono le «bombe a grappolo che servono soltanto a seminare morte e distruzione», afferma il superpoliziotto.
Il capo del dipartimento investigativo della Polizia di Kharkiv, Serhii Bolvinov, in un edificio bombardato - Avvenire
Nel 2024 la regione è stata quella dove si è registrato il record di allarmi: 2.062 in dodici mesi, più di cinque al giorno. Il progetto putiniano di concentrarsi su Kharkiv, mentre in contemporanea si mira a completare la conquista di Donetsk, sembra avere un intento sotteso: utilizzare le terre strappate nell’oblast dell’ex capitale come merce di scambio. Ossia, cedere gli angoli a chiazza di leopardo finiti sotto il controllo del Cremlino per rimpossessarsi dei cinquecento chilometri quadrati che l’esercito ucraino occupa dallo scorso agosto nella regione russa di Kursk. Putin ha appena smentito ogni possibile permuta di territori, ma Kiev sospetta che si voglia mettere Kharkiv sulla bilancia dei negoziati.

Un bombardamento russo a Izyum nell'ultimo lembo della regione di Kharkiv - Ansa
«Fate presto», ripete una donna dal cellulare. Dice di trovarsi intorno a Kupiansk. È la località nell’ultimo lembo dell’oblast che ha la sciagura di essere all’incrocio fra il confine russo e la parte delle regioni di Lugansk e Donetsk già caduta in mano russa. Le truppe di Putin sono alle porte della città ritenuta strategica per Kiev e Mosca. Perché cruciale per presidiare verso Kharkiv. Il fiume Oskil la divide. «Tutti i bambini sono stati evacuati. E anche chi vive sulla riva sinistra, quella a ridosso dell’esercito nemico», dice Yevhen. Qui si tocca con mano l’esodo che la regione vive. E qui si percepisce l’avanzata russa. Nelle ultime ore il Cremlino ha rivendicato la conquista di due villaggi nell’hinterland.
La distruzione russa nella città di Kupiansk nell'ultimo lembo della regione di Kharkiv - Gambassi
«A causa del deteriorarsi della situazione, l’autobus fra Kupiansk e Kharkiv non circolerà più. Soltanto a gennaio il nemico ha lanciato 3.600 attacchi nella nostra area», fa sapere il capo dell’amministrazione militare, Andriy Besedin. La città è ormai in macerie. Una tecnica russa ben nota a Kiev: radere al suolo, costringere alla fuga, mettere le mani su un abitato. Intanto il Cremlino guarda già ai distretti vicini, come quello di Izyum, dove il comandante del 429° Reggimento ucraino, Yuriy Fedorenko, annuncia la presenza di «gruppi d’assalto che ci muovono nella zona».
La città di Chuhuiv attaccata dai missili russi - Gambassi
«Se i russi sfondassero le nostre difese a Kupiansk, sarebbe davvero difficile per la regione», mette le mani avanti Oleksandr Apostol, vice-capo dell’amministrazione militare di Chuhuiv, la provincia dove la Russia ha strappato da maggio un’enclave lungo il confine con la Russia: quella di Vovchansk. L’incursione ha avuto effetti limitati ma ha destabilizzato il territorio facendolo piombare nel terrore. I dispacci di Kiev parlano di costanti blitz russi. «Vovchansk è una città che ormai non esiste più - spiega Oleksandr -. Le evacuazioni non cessano. I nostri militari resistono. Tuttavia c’è preoccupazione».

Le fortificazioni nella regione di Kharkiv - Ansa
Il sogno proibito di Putin rimane la città di Kharkiv, stretta d’assedio nei primi mesi di guerra ma mai capitolata, e adesso bersaglio privilegiato. «A gennaio gli attacchi nel cuore del capoluogo sono stati sedici. E a inizio febbraio anche sul grande mercato», lancia l’allarme il sindaco Ihor Terekhov. A nord della metropoli, nei cinquanta chilometri che la separano dalla frontiera russa, gli assalti sul campo sono ininterrotti da otto mesi, ossia da quando è caduta nelle mani di Mosca l’area di Lyptsi.

Un carro armato ucraino nella regione di Kharkiv lungo la frontiera con la Russia - Ansa
«La situazione è complessa ma stabile intorno all’intero confine», racconta ad Avvenire il colonnello di frontiera Artem. Significa almeno 150 chilometri sotto tiro. «Il nemico vuole distruggere le nostre linee. Con i droni, compresi quelli notturni che sono sempre più frequenti, le individua e con l’artiglieria colpisce. Questo inverno è stato particolarmente critico: ci sono state molte perdite da entrambe le parti». Una pausa. «E facciamo i conti con le incursioni dei sabotatori». Avanguardisti che «in gruppi di cinque o sette attraversano il confine e tentano di penetrare in Ucraina». Timori per il capoluogo? «L’offensiva non è esclusa. Però non è certo una passeggiata. Riusciamo a fronteggiare i russi. Però abbiamo bisogno di più armi e uomini. E anche di sistemi di controllo dei cieli».