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Elon Musk ci ha abituati alle boutadese persino agli scherzi di cattivo gusto (profilando per gioco nel 2018 la bancarotta di Tesla e di SpaceX), ma dopo giorni di problemi tecnici della tormentata app che la maggior parte degli utenti conosce come Twitter è difficile non credere al suo ultimo post. «X potrebbe fallire», ammette.
Meno convincente è la parte in cui il miliardario tenta di trascinare concorrenti e rivali nello stesso buco nero, sostenendo che «la triste verità è che al momento non ci sono grandi social network. Potremmo fallire, come molti hanno previsto, ma faremo del nostro meglio affinché ce ne sia almeno uno».
In realtà, anche se è vero che altre piattaforme hanno faticato a centrare i loro obiettivi di crescita e che i drastici tagli di personale hanno buttato a terra il morale dei dipendenti di Meta, SnapChat e TikTok, i guai di X sono ben più gravi di quelli degli altri protagonisti del mondo dei social. Il nuovo problema tecnico a causa del quale sono stati rimossi dal sito i link e le foto postate prima del dicembre 2014 si è infatti aggiunto alle polemiche sull’intenzione di Musk di rimuovere la funzione di blocco degli account dall’applicazione (perché senza senso, secondo Musk). Insieme hanno allontanato ulteriormente il sogno del padre della Tesla di creare una piattaforma “illimitata” dove, oltre a condividere brevi post, è anche possibile eseguire transazioni finanziare e intrattenersi. Una sorta di replica occidentale della cinese WeChat, insomma, che il miliardario non intende però abbandonare del tutto, come ha confermato ieri.
Intanto però Threads, il clone di Twitter che Mark Zuckerberg ha lanciato quest’estate, sicuramente continuerà ad assorbire molti degli utenti delusi dalla gestione turbolenta di Musk e che sono già gravitati verso la nuova piattaforma. Threads ha attirato oltre 100 milioni di iscritti in meno di una settimana, anche se poi ha faticato a mantenere lo slancio iniziale. Gli utenti Android attivi quotidianamente su Threads hanno raggiunto il picco il 7 luglio con 49,3 milioni, per poi precipitare a 10,3 milioni un mese dopo, l'11 agosto, secondo le stime della società di monitoraggio SimilarWeb. Ma Meta potrebbe approfittare del momento di debolezza del rivale per ravvivare l’interesse per il suo nuovo social lanciando una versione desktop, dato che finora la nuova piattaforma testuale di Zuckerberg era solo disponibile tramite app per smartphone.
Il duello mostra come fare soldi con i social sia diventato più difficile. Il panorama competitivo è affollato ed è sempre meno garantita la fedeltà degli utenti — scettici di affidare sempre più influenza a giganti che non hanno esitato a usare i loro dati e la loro attenzione per spremere più profitti possibili, fino al punto da essere talmente affollate di pubblicità e influencer da diventare irriconoscibili. L’eccezione è TikTok, che sembra avere ciò che ogni società di social media desidera: una base di utenti, soprattutto giovani, ampia e coinvolta, un formato che spinge gli abbonati passare ore e ore a far scorrere i suoi video e una presa ferrea sulla cultura giovanile e sull'industria dell’intrattenimento. La vulnerabilità di questa gallina dalle uova d’oro è la sua origine: la società cinese ByteDance ne è proprietaria e le autorità di regolamentazione statunitensi cercano da anni prove che il governo di Pechino stia guidando o influenzando TikTok con scopi di spionaggio e di intromissioni nella politica Usa. Se le trovano, potrebbero dichiarare TikTok una minaccia per la sicurezza nazionale e vietarla.
Per ora però TikTok sta divorando il seguito di Snapchat, che è ancora popolare tra i giovani, ma ha visto la sua attività pubblicitaria (come molti altri) ridursi ed è stata costretta, come molte altre società del settore, a licenziare circa il 20% dei suoi dipendenti. Come Meta, anche Snapchat è una vittima delle modifiche alla privacy di Apple, che hanno reso più difficile indirizzare gli annunci agli utenti di iPhone. Meta ha infatti perso miliardi di dollari di entrate pubblicitarie a causa delle modifiche apportate da Apple nel 2021 al suo sistema operativo mobile, che hanno reso più difficile per le app tracciare gli utenti su Internet.
E accanto ai giganti sta sorgendo un sottobosco di micro piattaforme che offrono un’alternativa a gruppi più piccoli di persone che la pensano allo stesso modo, ma che hanno ancora molta strada da fare.
Una di loro, Mastodon, ha registrato un forte aumento di abbonati, ma non riesce a scrollarsi di dosso la reputazione di essere eccessivamente complessa per gli utenti non esperti. BlueSky, sostenuto dal co-fondatore di Twitter Jack Dorsey, è in crescita e ha dovuto sospendere temporaneamente le nuove iscrizioni per evitare di essere sopraffatta. T2, creata da un team di ex ingegneri di Twitter, è ancora in modalità beta. Spill, un altro sforzo guidato da ex dipendenti di Twitter, che vanta azionisti solo afroamericani, è ancora solo su invito.
Se la difficoltà di Musk di tenere a galla Twitter (anche attraverso la discutibile mossa del rebranding come X) e di monetizzarne la base sono legate a motivi tutti suoi, non è il solo a sentire la fatica di continuare a crescere e di restare competitivo nel mondo dei social. A sentirsi più di ogni altro alle strette sembra proprio essere il suo acerrimo rivale Zuckerberg, che ha motivato 21mila tagli al personale con la necessità di «tornare all’efficienza» mentre lotta per completare la sua ambiziosa transizione alla realtà virtuale, il metaverso, che non sta andando come sperato.