Donald Trump ed Elon Musk a un evento durante la campagna elettorale - Ansa
A gennaio prenderà il timone a Washington il governo più ricco nella storia americana. Saranno dunque i miliardari, e non l’americano medio che Donald Trump ha promesso di difendere, i veri vincitori della seconda presidenza del repubblicano? Se lo chiedono molti cittadini Usa, compresa un’associazione come “Patriotic Millionaires” che riunisce americani con almeno 5 milioni di capitale e chiede che i più benestanti paghino più tasse. Di certo la straordinaria presenza di ultraricchi nell’Amministrazione entrante solleva dubbi sul ruolo del denaro — e parliamo di enormi quantità di denaro — nelle decisioni politiche che saranno prese nei prossimi quattro anni negli Stati Uniti.
Le nomine fatte da Trump nelle ultime settimane creano già la sensazione di un forte allineamento fra soldi e potere. I 14 miliardari che sono stati prescelti per ricoprire posizioni di peso nel gabinetto conservatore hanno infatti tutti contribuito con somme a sette cifre alla campagna del tycoon, e sono stati ricompensati con incarichi di peso. La lista è lunga: Elon Musk e Vivek Ramaswamy saranno co-presidenti del Dipartimento per l'efficienza governativa, Scott Bessent ministro del Tesoro, Howard Lutnick al commercio, Linda McMahon all’Istruzione, Doug Burgum agli Interni. David Sacks sarà il nuovo “Zar” dell'intelligenza artificiale e delle criptovalute. Miliardari saranno anche il consigliere speciale e l’inviato speciale per il Medio Oriente, il vice segretario alla Difesa, gli ambasciatori a Londra e a Parigi, il responsabile della Nasa e quello per le politiche per le piccole imprese.
Anche il modo in cui Trump sta finanziando la fase di transizione e l’organizzazione delle cerimonie legate al suo insediamento a gennaio ha rafforzato l’impressione di un’economia di scambio particolarmente esplicita fra capitale e influenza politica che si sta instaurando nella capitale americana. Rompendo una tradizione storica, infatti, Trump ha rifiutato di mettere limiti alle donazioni della transizione e di rivelare i nomi dei donatori in cambio di 7,2 milioni di dollari in sovvenzioni federali, come hanno fatto tutti i presidenti da quando la regola è stata istituita. In sostanza, Trump può raccogliere fondi illimitati. Anche qui, le ricompense non sono tardate. Sebbene ufficialmente i biglietti per gli eventi legati all’inaugurazione del 20 gennaio siano gratuiti, questi sono molto difficili da ottenere. Ma chi ha donato 1 milione di dollari o raccolto 2 milioni di dollari per il comitato inaugurale si è visto promettere sei posti, incluso un ricevimento con i rappresentanti del gabinetto di Trump, cene con il presidente, il vicepresidente e le loro mogli.
La statua del toro di Wall Street "adattato" ai bitcoin a Miami - Ansa
A celebrazioni concluse e conferme ultimate, il patrimonio netto totale del gabinetto di Trump ammonterà a 382,2 miliardi di dollari, oltre tremila volte quello dell’attuale amministrazione Biden, e più del Pil di 172 Paesi. Per avere un’idea di quali saranno gli effetti di queste nomine sulla fetta più ricca della popolazione americana basta leggere la piattaforma di Trump. Il presidente designato non ha nascosto la sua intenzione di fare molto per i ricchi in termini fiscali, con proposte che porteranno a un aumento delle tasse per tutti i gruppi di reddito al di fuori del 5% dei più abbienti. Imprenditori e banchieri americani hanno inoltre già espresso entusiasmo per la promessa di deregolamentazione di Trump, soprattutto nel settore tecnologico.
Chi trarrà maggiori benefici di tutti sarà Elon Musk, l’uomo più ricco della Terra, che ha donato la strabiliante cifra di 250 milioni di dollari alla campagna elettorale di Trump e ne sta già raccogliendone i dividendi. Musk è appena diventato la prima persona a superare i 400 miliardi di dollari di ricchezza al mondo, con un incredibile aumento del 66% dall'elezione di Trump. Da allora gode di un accesso senza precedenti alla sfera del presidente in pectore come suo autoproclamato “primo amico”. Era al fianco di Trump la notte delle elezioni a Mar-a-Lago. È stato scelto, come si diceva, per co-dirigere il nuovo Dipartimento per l’efficienza governativa di Trump. Ha ricevuto telefonate dai leader mondiali. Ha consigliato Trump sulle nomine del governo e ha partecipato a colloqui di lavoro.
È meno facile prevedere quali cambiamenti questa costellazione di miliardari porterà per l’americano medio, ma la ricerca e la storia permettono di azzardare qualche previsione. Statisticamente, i super ricchi hanno molte più probabilità di avere posizioni fortemente conservatrici: negli Stati Uniti ci sono 2 volte e mezzo più miliardari di destra che moderati. Storicamente è anche comune vedere i miliardari entrare nella sfera politica nei Paesi dai governi più autoritari. La Cina e la Russia da sole rappresentano circa la metà dei politici miliardari del mondo. Gli esperti di scienze politiche spiegano il fenomeno sostenendo che i politici miliardari sono motivati a scendere in campo perché i benefici per loro sono particolarmente elevati in un clima tendenzialmente totalitario, che rende più facile usare il loro potere a vantaggio dei propri profitti.
Alcune ricerche hanno esaminato l’impatto della ricchezza sulla governance, dimostrando che porta all’assunzione di rischi e a capacità decisionali che sono utili nella gestione della cosa pubblica. Gli stessi studi suggeriscono anche che i leader provenienti da ambiti più privilegiati hanno meno probabilità di affrontare la povertà e le reti di sicurezza sociale e hanno tendenza a preferire politiche che perpetuano la disuguaglianza. Il che solleva potenzialmente un dilemma per la democrazia Usa. Se gli americani hanno votato per avere una classe dirigente che rappresenta gli interessi dell’elettore medio, un governo composto da 14 miliardari offre, almeno in teoria, meno garanzie di farlo.