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Si chiamano “ristoranti virtuali”: un nome che sembra un ossimoro perché nel pensiero comune il ristorante viene associato a un momento di convivialità e socialità. In questo caso, l’aggettivo toglie ogni dubbio: i ristoranti virtuali non sono luoghi tradizionali, pensati per essere frequentati in gruppo, in famiglia o con amici, ma sono cucine che preparano cibo che verrà consumato esclusivamente a domicilio. «Un ristorante virtuale esiste solo sulle piattaforme online: può essere aperto da chi ha già un ristorante fisico ma sceglie di creare un nuovo marchio e un nuovo menu disponibile solo a domicilio – spiega Luciano Sbraga, vicedirettore generale di Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana pubblici esercizi –. Accanto ai ristoranti virtuali, sta emergendo anche il fenomeno delle cosiddette ghost kitchen: ristoranti che non dispongono di una sede fisica ma solo di una cucina e che si occupano solo di consegne a domicilio. In tutta Italia sono meno di duecento, per cui rispetto al ristorante virtuale che nasce in seno a un ristorante fisico, parliamo di un fenomeno molto marginale».
Un’indagine pubblicata di recente da Deliveroo, la piattaforma di food delivery leader in tutta Italia, conferma la crescita dei ristoranti virtuali: quelli presenti sull’applicazione sono più di 3mila, con un aumento del 14% rispetto al 2023. Tale crescita si spiega, anche, per la versatilità di questa forma di ristorazione: dà infatti la possibilità a chi già dispone di una cucina fisica di sperimentare una nuova offerta pensata per un target specifico, con nuovi prodotti e una diversa modalità di consumo. La città che offre il maggior numero di ristoranti virtuali è Torino, seguita da Milano e Roma.
Il mondo della consegna a domicilio ha subìto una forte impennata negli anni 2020 e 2021, in concomitanza con la pandemia, per poi ritornare ai livelli del 2019 negli anni successivi. Pur essendo un mercato in forte espansione, resta marginale rispetto all’attività del ristorante fisico. Nel 2023 i consumi degli italiani nei servizi di ristorazione di ogni tipo sono stati pari a 92 miliardi di euro: tutto il mondo del food delivery viene stimato intorno ai 2,6 miliardi di euro, poco meno del 3% del totale. Continua Sbraga: «La spesa delle famiglie è un fenomeno sicuramente interessante perché coniuga il cambiamento degli stili di vita anche dei consumi alimentari con la tecnologia, ad esempio con l’uso delle piattaforme. Non bisogna tuttavia dimenticare che il delivery non è stato inventato con la tecnologia. La tecnologia ha fatto soltanto un passo ulteriore, ma la consegna a domicilio è sempre esistita, pensiamo alle famose pizzerie che consegnavano le pizze a casa con i loro fattorini».
Proprio la consegna a domicilio off line, che non utilizza, cioè, le piattaforme digitali ma viene realizzata dalla stessa attività di ristorazione, è stata quella che è maggiormente cresciuta negli anni della pandemia. E tuttavia, è stato il settore che ha subìto la maggiore flessione nel fatturato negli anni successivi: nel 2022 era intorno a 1,6 miliardi di euro, nel 2023 è sceso a 1,4 miliardi di euro. L’attività delle piattaforme è invece sempre rimasta costante, con un indotto di 1,2 miliardi di euro sia nel 2022 che nel 2023.
«Nel 2020 e 2021 c’è stata una grande crescita del consumo a domicilio perché la ristorazione poteva fare solo quello - aggiunge Sbraga -. Negli anni successivi e fino a oggi, c’è stata una discesa dal punto di vista del consumo di food delivery perché le persone sono tornate a frequentare i locali. È importante capire che il cibo a domicilio non è un’alternativa al ristorante tradizionale. Si ordina perché non si ha voglia di uscire, non si ha voglia di cucinare o perché non si ha fatto la spesa: è un tipo di consumo funzionale. Quando si va al ristorante, è fondamentale l’aspetto conviviale, che è quello che si cerca quando si pranza o si cena fuori».
Anche per il 2024, la previsione di consumi legati al food delivery è stabile e simile ai valori toccati nel 2023. Cresce, di tre o quattro punti percentuali, la ristorazione tradizionale. «Il mercato del consumo a domicilio crescerà ma la consuetudine di consumare i pasti fuori casa è troppo forte per essere superata. In Italia abbiamo più di 150mila attività di ristorazione e 330mila bar e caffetterie e sono pochissimi quelli che non offrono il servizio di consumo per asporto. Quindi anche un fenomeno come quello delle ghost kitchen si confronta con un mercato della ristorazione molto forte e solido. Qualcosa di simile si è verificato con la catena di caffetterie Starbucks, che più volte ha tentato di aprire i suoi punti nelle città italiane. A oggi ha alcuni locali nei grandi centri, ma sono numeri che si contano sulle dita di una mano. Questo perché gli italiani il caffè lo continuano a prendere nei bar sotto casa e sotto l’ufficio» conclude Luciano Sbraga.
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