Una tassa sulla plastica per contribuire a colmare il buco lasciato dalla Brexit nel bilancio Ue. È una delle idee lanciate dalla Commissione Europea che a maggio dovrà presentare una prima bozza per il bilancio pluriennale a partire dal 2021, il primo dopo l’addio della Gran Bretagna. Secondo il commissario al Bilancio, Günter Oettinger, la Brexit lascerà un buco di 12-14 miliardi di euro l’anno. Come colmarlo? La Commissione punta a farlo al 50% con tagli di spesa, al 50% con l’incremento delle entrate. Il che implica anche la ricerca di nuove «risorse proprie» Ue (al momento principalmente dazi doganali, contributi sullo zucchero e un prelievo sull’Iva). La plastica, ha dichiarato Oettinger, «è un problema ambientale molto serio. Produciamo troppi imballaggi. Nell’interesse dei mari, degli animali, dei nostri paesaggi, dobbiamo ridurre la quantità di plastica utilizzata». Oltretutto, ha avvertito, se finora «la plastica vecchia, i sacchetti di plastica, il materiale di imballaggio andavano in Cina diventando giocattoli per i nostri bambini, dal primo gennaio la Cina non accetta più rifiuti plastici».
Di qui l’idea di tassare la plastica per ridurne produzione e circolazione, da chiarire se a pagare l’imposta sarebbero consumatori o produttori. Altro elemento di risorsa propria proposta da Oettinger è il trasferimento alle casse Ue del gettito, ora nazionale, del mercato europeo dei permessi di emissione di gas serra (Ets). Poi, certo, occorrerà una revisione della spesa per ridurre le uscite. Una partita delicata per l’Italia, che al momento ottiene 73 miliardi di euro (tra fondi strutturali e fondi per agricoltura e sviluppo rurale), anche se il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha messo in guarda da «cifre fantasiose » sulle possibili perdite. I programmi Ue potranno esser sfrondati, «bisogna preservare quelli che assicurano valore aggiunto» avverte il commissario. Due voci che Oettinger non vuole toccare sono Erasmus Plus (per gli scambi di studenti e lavoratori) e Horizon (ricerca e lo sviluppo tecnologico). Tutto questo, secondo la Commissione, non evita un aumento del contributo degli Stati membri nelle casse Ue. Bruxelles vuole rimuovere l’attuale tetto dell’1% del Pil Ue (circa mille miliardi di euro), portandolo all’1,1-1,2%. Una proposta che salutano vari paesi dell’Est, principali beneficiari dei fondi Ue, mentre puntano piedi vari pagatori netti (l’Italia è il quarto). Al momento, ha detto il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, il bilancio Ue «costa ai cittadini una tazzina di caffè al giorno. L’Europa vale di più».
Del resto, Bruxelles segnala che vi sono ora nuove sfide da finanziare: accoglienza dei profughi, controllo delle frontiere esterne, lotta al terrorismo, aiuti all’Africa. Oettinger parla di 10 miliardi di euro secondo Bruxelles da finanziare con soldi freschi e non, come chiedono alcuni (in parte anche l’Italia) tagliando i fondi di coesione, destinati in massima parte proprio ai riottosi paesi dell’Est, che sarebbero così di fatto «puniti» per la loro mancanza di solidarietà. Bruxelles è contraria, propone tagli ridotti (massimo il 5-10%). «Se finanziamo la gestione della migrazione tagliando la coesione – ha avvertito Oettinger – spacchiamo la famiglia europea». La Commissione sta comunque valutando l’idea di legare il versamento dei fondi Ue al rispetto dello Stato di diritto (Polonia, Ungheria). Propone però anche un altro vincolo, che potrebbe presentare qualche problema anche per l’Italia: il rispetto delle raccomandazioni Ue. In ogni caso si tratta di una battaglia appena agli inizi, visto che il bilancio pluriennale dovrà essere approvato all’unanimità da tutti gli Stati.