mercoledì 17 marzo 2021
La Corte di giustizia Ue chiamata in causa per un licenziamento illegittimo ha confermato che la norma è valida e non è discriminatoria
La corte di giustizia Ue promuove il Jobs Act

La corte di giustizia Ue promuove il Jobs Act - Ansa

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Il Jobs Act è uno spartiacque che ha diviso i lavoratori in due macro-gruppi: quelli assunti prima dell’entrata in vigore della riforma del diritto del lavoro varata dal governo Renzi, e quelli assunti successivamente che hanno delle tutele meno "pesanti". Un gap che diventa tangibile quando si parla di licenziamento ed eventuale reintegro in azienda. La Corte di giustizia europea ha chiarito che la differenziazione non è una discriminazione ma una misura legittima che i Paesi europei hanno il diritto di applicare.Per effetto del Jobs Act se prima il dipendente aveva diritto comunque a riavere il proprio posto se il licenziamento fosse stato considerato illegittimo, dal 2015 in poi il massimo che può ottenere è un’indennità economica con una determinata soglia.

La conferma è arrivata ieri con una sentenza della Corte di Lussemburgo sul caso di un’azienda, la Consulmarketing SpA che nel 2017 aveva avviato una procedura di licenziamento collettivo per i suoi 350 lavoratori. Sono stati tutti reintegrati, dopo aver fatto ricorso al Tribunale di Milano che ha constatato l’illegittimità del provvedimento e costretto l’azienda a ritornare sui propri passi, con un’unica eccezione: un lavoratore assunto da due anni per il quale il ritorno in azienda non è stato possibile proprio per effetto del Jobs Act. Il suo contratto a tempo determinato era stato trasformato in contratto a tempo indeterminato dopo l’entrata in vigore della legge. Il Tribunale di Milano si era rivolto alla Corte di giustizia dell’Ue per accertare che non ci fossero delle norme di diritto europeo che si opponessero alla riforma italiana. E la risposta è stata negativa. Secondo i giudici rendere più flessibile il mercato del lavoro alleggerendo le penali in caso di licenziamento illegittimo, come nel caso del Jobs Act, favorisce effettivamente le assunzioni a tempo indeterminato. Su questo tipo di misure, ovvero politiche che incentivino i contratti di lavoro e la flessibilità, la Corte ha spiegato che gli Stati membri hanno ampio margine di manovra e discrezionalità. I giudici europei hanno quindi confermato che il lavoratore escluso dal reintegro non può beneficiare dello stesso regime di tutela degli altri lavoratori solo per la tempistica: era stato assunto dopo l’entrata in vigore del Jobs Act. E per questo mentre gli altri 149 sono stati riassunti, a lui spetterà solo un’indennità economica.

La Corte ha spiegato che per effetto della normativa italiana, «vi sono due regimi successivi di tutela dei lavoratori in caso di licenziamento collettivo illegittimo. Da un lato, un lavoratore a tempo indeterminato, il cui contratto è stato stipulato fino al 7 marzo 2015, può rivendicare la sua reintegrazione nell’impresa. D’altro lato, un lavoratore a tempo indeterminato, il cui contratto è stato stipulato a partire da tale data, ha diritto soltanto a un’indennità entro un massimale.

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