La web tax italiana si inceppa ancora prima di partire. L’imposta era una delle grandi novità della Legge di Bilancio 2018 e – secondo i suoi ideatori – metteva l’Italia all’avanguardia europea nella legislazione sulle condizioni fiscali da applicare ai grandi gruppi del web, come Google, Amazon e Facebook. Il comma 1011 dell’articolo 1 della Legge di Bilancio prevede precisamente l'introduzione in Italia dal 1° gennaio del 2019 di un'imposta del 3% sui pagamenti per le attività digitali dei soggetti che fanno oltre 3mila operazioni all’anno.
Al comma 1012 è previsto che il ministero dell’Economia entro il 30 di aprile di quest’anno individui con un decreto «le prestazioni di servizi» a cui si deve applicare l’imposta. Serve cioè un decreto che faccia chiarezza sulle aziende e le attività a cui si applica la web tax italiana, i cui confini altrimenti sono molto vaghi.
Ancora quel decreto non è stato emanato e, secondo fonti del ministero citate dall’agenzia Ansa, il governo uscente ha intenzione di soprassedere e aspettare che prosegua invece il cammino della web tax europea. La Commissione ha proposto una tassa del 3% sui ricavi ottenuti dall’utilizzo dei dati degli utenti e dalle pubblicità online delle società con almeno 750 milioni di euro di fatturato che fanno almeno 50 milioni di ricavi all’interno dell’Unione europea. Questa proposta, che secondo le stime di Bruxelles, può portare 5 miliardi di euro di gettito complessivo annuo, sarà discussa dai ministri economici al vertice dell’Ecofin previsto a Sofia il 27 e il 28 aprile.