Franco Amicucci, fondatore di Skilla
Un 'modello ibrido' per trasformare il nostro modo di lavorare. Lo smartworking imposto dal coronavirus negli ultimi mesi fatto da specchio alla condizione del Paese, basata su modelli 'tradizionali', mettendo in luce criticità e diseguaglianze ma anche opportunità poco considerate. Franco Amicucci, sociologo, formatore e fondatore, vent’anni fa, di Skilla, la prima e-learning company italiana, è convinto che non si possa tornare indietro.
Cosa è emerso da questo cambio improvviso?
Prima del lockdown erano solo 500mila persone a lavorare in smartworking, con modalità frutto di accordi individuali. All’improvviso c’è stata un’accelerazione: qualche milione di persone ha sperimentato il lavoro al 100% da casa senza possibilità di scelta. Ne è emersa una differenziazione netta tra chi aveva lo spazio in casa, la connessione, ma anche le competenze lavorative e psicologiche, e chi si è trovato impreparato. Ci sono poi milioni di lavoratori che svolgono un’attività in cui la presenza è necessaria: infermieri, camionisti, agricoltori per i quali è necessario ripensare una valorizzazione sociale, a partire dagli stipendi.
Il coronavirus insomma ha fatto da cartina di tornasole...
È emersa una linea di demarcazione tra colletti bianchi e colletti blu. Ci sarà una accelerazione delle robotizzazione dei lavori più pesanti. Le prospettive sono di una ulteriore digitalizzazione con la creazione di nuovi lavori e la scomparsa di altri.
Non sono mancate critiche all’utilizzo dello smartworking in maniera massiccia, cosa ne pensa?
Nella foga il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha parlato forse impropriamente di 'uscire dalla grotta'. Il tema è senz’altro quello della necessità di costruire un futuro 'ibrido' tra presenza fisica e digitale, a tutti i livelli. Negli uffici anche in presenza la maggior parte di comunicazioni avviene per via digitale, la relazione umana avviene nei momenti informali. Dobbiamo riprogettare tempi e spazi. Alcune aziende prevedono incentivi per la creazione di una postazione confortevole. Ma si può lavorare anche fuori casa, ad esempio negli spazi di co-working, nei bar.
Dalla scuola ai tribunali, i dipendenti pubblici sono nell’occhio del mirino.
Sotto i riflettori è finita la scuola, perché c’era il controllo sociale: la famiglia controllava quello che avveniva. L’Italia sconta soprattutto in questo ambito un ritardo nella digitalizzazione, siamo al terz’ultimo posto in Europa. Ma questo è dovuto anche ad un problema demografico, all’invecchiamento della popolazione, i nostri insegnanti hanno un’età media elevata.
Come si può trasformare questo esperimento forzato, che scadrà il 31 luglio, in una opportunità di cambiamento?
Servono accordi sindacali rapidi e flessibili applicabili all’intera azienda. Ma soprattutto bisognerà avviare un’operazione di 'reskilling' collettivo. Se la quantità di risorse stanziata per l’assistenza, dal bonus autonomi alla cassa integrazione, venisse almento in parte utilizzata per fare formazione noi avremmo una riqualificazione effettiva del Paese. Il modello tradizionale di lavoratore dipendente è superato. Bisogna puntare sulla microimprenditorialità: faccio un esempio: un’impresa su 8 in Italia è fatta da un immigrato, non ci sono solo le bandanti.