mercoledì 5 aprile 2023
Effetto inflazione: l'Istat rileva il più pesante calo del potere d'acquisto della storia recente. E mentre nel resto d'Europa il risparmio è ripartito in Italia è sceso quasi ai minimi storici
Un cliente alle prese con i prezzi delle colombe in un supermercato di Roma

Un cliente alle prese con i prezzi delle colombe in un supermercato di Roma - Ansa

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L’impennata dell’inflazione nel 2022 ha finito per provocare il più forte impoverimento delle famiglie italiane nella storia recente. Negli ultimi tre mesi del 2022, calcola Istat, il potere d’acquisto delle famiglie è diminuito del 3,7% rispetto al trimestre precedente. Un calo peggiore (-5,6%) lo si era registrato solo all’inizio del 2000 (-4,6%) e nella primavera 2020, ma in quel caso era stato un effetto collaterale dell’inizio della pandemia, subito bilanciato dal +6,6% del trimestre successivo.

Stavolta è impossibile aspettarsi un rimbalzo: la causa della caduta del potere di acquisto non è il calo dei redditi (che, al contrario, sono cresciuti dello 0,8%) ma l’aumento dei prezzi, con l’inflazione che ha sfiorato il 12% nell’ultima parte dello scorso anno.

I risultati di questa situazione si continuano a vedere con chiarezza nelle statistiche nazionali: le famiglie italiane stanno tagliando sugli acquisti, ma spendono più di prima. Più precisamente nei primi due mesi del 2023 le vendite al dettaglio rispetto all’inizio dell’anno precedente sono diminuite del 3% in quantità ma sono aumentate del 5,9% in termini di spesa. Per il cibo, bene essenziale per eccellenza, l’aumento della spesa è stato del 7,6%, con un calo del 4,7% delle quantità acquistate.

«L’onda lunga della corsa delle tariffe energetiche pesa ancora sui consumi, le vendite al dettaglio caleranno del -2,5% nel 2023» prevede l’associazione dei negozianti Confesercenti. I supermercati associati in Federdistribuzione attraverso il nuovo presidente Carlo Buttarelli chiedono al governo di dare «priorità al sostegno della domanda interna» e mostrano un’indagine condotta con Ipsos che mostra, tra l’altro, come quasi una famiglia su cinque abbia tagliato sulla qualità dei prodotti che acquista per difendersi dal caro vita. Coldiretti aggiunge che in particolare sono crollate le vendite di frutta, con un calo dell’8% durante il 2022 che porta la quantità di frutta consumata dagli italiani ai livelli più bassi degli ultimi vent’anni.

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Costrette a spendere di più per acquistare di meno le famiglie faticano a mettere da parte qualcosa. La propensione al risparmio è scesa ancora (al 5,3%), giù di due punti percentuali netti rispetto al trimestre precedente. Addirittura rispetto al 2021 nella media 2022 il tasso di risparmio si è praticamente dimezzato. Questi numeri fanno dell’Italia un’isola infelice rispetto al resto d’Europa, dove invece Eurostat ha annunciato la prima risalita del tasso di risparmio (dal 13,3% al 14,1%) dopo un anno e mezzo di costante diminuzione.

Di buono c’è che l’inflazione è in frenata da dicembre e quindi il peggio dell’aumento dei prezzi dovrebbe essere alle spalle. Dopodiché si potranno anche fare i conti di chi davvero sta pagando gli aumenti dei prezzi. Per adesso le famiglie li hanno subiti più delle imprese, dicono i numeri dell’Istat: la quota di profitto delle società non finanziarie (cioè il rapporto tra risultato lordo di gestione e il valore aggiunto) era attorno al 42% a inizio 2022 è aumentata fino al 44,8% dell’ultimo trimestre.

Le aziende, in media, stanno cioè guadagnando più di prima. È una dinamica comune ai Paesi europei, che è stata notata anche dagli economisti della Bce in una recente analisi pubblicata sul blog della banca centrale. «Gli effetti dei profitti delle imprese sulla pressione dei prezzi sono stati eccezionali in una prospettiva storica» scrivono i ricercatori, sottolineando che dall’inizio del 2022 i profitti delle imprese sono aumentati molto più del costo del lavoro, così da consentire alle imprese di assorbire l’inflazione molto meglio di quanto possano fare le famiglie.

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