Basta Far West per il mondo degli influencer. Sarà stata la tragedia di Casal Palocco o altre vicende ugualmente drammatiche che si sono ripetute negli ultimi anni. Sta di fatto che l’Agcom indica ora una nuova strada: anche gli influencer, quanto meno coloro che svolgono questa attività in maniera continuativa, devono sottostare alle regole già in vigore per gli altri servizi di media audiovisivi. D’altronde, altri Paesi europei, da ultimo la Francia a giugno, hanno già provveduto a regolamentare l’attività online degli influencer, da tempo tra l’altro accusati di non essere trasparenti nel presentare le pubblicità come tali, o di promuovere prodotti di dubbia affidabilità o provenienza.
Il primo passo, per il Consiglio dell’Autorità garante per le comunicazioni, è l’avvio di una consultazione pubblica della durata di 60 giorni sulle misure per garantire il rispetto da parte degli influencer delle disposizioni del Testo unico sui servizi di media audiovisivi, proprio perché questi soggetti «svolgono un'attività analoga o comunque assimilabile a quella dei fornitori di servizi di media audiovisivi» e quindi sono chiamati «al rispetto delle misure previste dal Testo unico». Nella decisione, arrivata all’unanimità il 13 luglio, non si parla solo di influencer, ma di chi chiunque crea, produce e diffonde contenuti audiovisivi – su cui esercita la responsabilità editoriale – tramite piattaforme per la condivisione di video e tramite social media. Nessuna differenza, quindi, tra chi si definisce “influencer”, “vlogger”, “streamer” o “creator”: l’impatto sugli utenti e sulla società è lo stesso. Per l’Autorità, bisogna « una maggiore trasparenza e consapevolezza nei confronti degli stakeholder e del pubblico». Il Consiglio dell’Agcom ha quindi deciso di sottoporre a consultazione pubblica un documento contenente misure che garantiscano il rispetto da parte degli influencer delle disposizioni del Testo unico, in modo da «acquisire le osservazioni di tutti i soggetti interessati». La stessa Autorità indica il passo successivo, arrivando a prefigurare che lo stesso documento sfoci in delle Linee guida, «le quali, oltre a essere più flessibili rispetto a un regolamento, meglio aderiscono alla concreta fattispecie degli influencer».
Già da ora, peraltro, l'Autorità ha ritenuto opportuno diversificare tra «soggetti che propongono contenuti audiovisivi in modo continuo, con una modalità di offerta e organizzazione degli stessi tale da renderli sovrapponibili a un catalogo di un servizio di media on-demand (ad esempio, i canali YouTube) e soggetti che operano in maniera meno continuativa e strutturata».
È nei confronti dei primi che l’Agcom ritiene «opportuna l'applicazione della totalità degli obblighi previsti dal Testo unico, ivi inclusi, a titolo esemplificativo, l'iscrizione al Roc (Registro degli operatori della comunicazione, ndr), la disciplina in materie di opere europee e indipendenti, e la Scia (segnalazione certificata di inizio attività)». Per i secondi, invece, «non appare giustificata l'applicazione nella sua interezza del regime giuridico previsto per i servizi di media audiovisivi a richiesta».
Cambia poco invece per le piattaforme di condivisione video: a loro, ricorda l’Agcom, già si applicano «le disposizioni di cui agli articoli 41 e 42 del Testo unico e i regolamenti attuativi adottati dall'Autorità».
In Francia la nuova legge vieta tra l'altro agli influencer la promozione di determinate pratiche, come la chirurgia estetica o la desistenza terapeutica, cioè la pratica dei medici che decidono di interrompere terapie ritenute futili per i malati terminali. Inoltre le norme approvate a giugno vietano o limitano la promozione di certi dispositivi medici, di prodotti contenenti nicotina, delle scommesse sportive e dei giochi d’azzardo, che potranno essere pubblicizzati soltanto da piattaforme che vietano l’accesso ai minori.