lunedì 8 luglio 2024
Generati 12mila posti di lavoro, con prospettive di raddoppiare nei prossimi anni. Una delle figure più richieste in questo contesto è il project manager
Un impianto di biogas

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Cresce sempre di più la produzione di biogas e biometano. Anche la ricerca di nuovi talenti su cui investire è notevolmente aumentata, coinvolgendo neolaureati in Ingegneria ambientale o energetica. Questi giovani professionisti devono affrontare una formazione intensiva sul campo e sugli impianti per confrontarsi fin da subito con il settore e le sfide tecniche del mercato. Una delle figure più richieste in questo contesto è il project manager, un professionista capace di guidare e seguire la commessa in tutte le fasi, con particolare attenzione alla progettazione, costruzione e gestione dell'impianto. Secondo quanto riportato dal Cib-Consorzio italiano biogas e dal Cic-Consorzio italiano compostatori, il settore del biometano produce 2,5 miliardi di metri cubi di gas rinnovabile, principalmente destinati alla produzione di energia elettrica e termica. L'Italia si posiziona così come secondo Paese in Europa per la produzione di biogas e tra i principali al mondo.

«Lo sviluppo della produzione di biogas in Italia – spiega Gionata Aldeghi, manager Renewables & Energy Efficiency Division di Hunters Group – ha generato 12mila nuovi posti di lavoro, con prospettive di raddoppiare nei prossimi anni. La crescente domanda di profili tecnici e figure in grado di coordinare progetti ambiziosi che coinvolgono il biogas, anche in combinazione con l'idrogeno, rappresenta la nuova frontiera su cui concentrare i piani di sviluppo industriale, in sintonia con la politica di decarbonizzazione. Questa tendenza ha comportato una continua ricerca di professionisti del settore, pronti a operare immediatamente sui progetti in corso, nonché una significativa riconversione di figure strategiche provenienti da settori affini, come il petrolchimico e l'Oil & Gas».

In Italia, il biometano ha un notevole potenziale grazie alla disponibilità di diverse fonti di biomasse, come i fanghi di depurazione, gli scarti agricoli e agroalimentari e i rifiuti a matrice organica, che possono essere trasformati in biogas e successivamente
raffinati. Attualmente, ci sono oltre 2mila impianti di biogas e circa 85 impianti di produzione di biometano, soprattutto situati nel Nord Italia. Il nostro Paese si impegna a ridurre le emissioni di gas serra dell’80% entro il 2030 e punta a sfruttare il biometano per raggiungere questo obiettivo. Per incentivare lo sviluppo del biometano, l’Italia ha stanziato finanziamenti nel Pnrr-Piano nazionale di ripresa e resilienza, destinando 1,92 miliardi di euro. Oltre a questo, il decreto ministeriale di settembre 2022 fornisce incentivi e tariffe differenziate in base al tipo di impianto e alle biomasse utilizzate (per esempio, rifiuti o scarti agricoli). Gli incentivi vengono assegnati attraverso procedure competitive pubbliche e la graduatoria, redatta e pubblicata da Gse-Gestore servizi energetici, tiene conto di diversi indicatori, tra cui la percentuale di riduzione delle emissioni di gas serra.

Affrontare le sfide per garantire il pieno sviluppo del biometano è essenziale per il futuro sostenibile. Una delle principali sfide da
affrontare riguarda il quadro normativo e regolatorio, che necessita di semplificazioni e chiarezza per attrarre sempre più investimenti nel settore. Infatti, attualmente le normative locali, provinciali o regionali causano confusione o disallineamento rispetto alle normative statali. Inoltre, è fondamentale creare incentivi adeguati ad attrarre nuovi investitori e favorire lo sviluppo di impianti di produzione su larga scala. Infine, bisogna migliorare la connettività delle reti di gas naturale, fattore necessario per agevolare l’immissione e distribuzione del biometano.

Il biometano è quindi una risorsa energetica rinnovabile preziosa e può svolgere un ruolo chiave nella decarbonizzazione dei settori energetici e dei trasporti, riducendo le emissioni di CO2. Per sfruttarne appieno il potenziale, occorre agire tempestivamente in ottica di affrontare le diverse sfide. Con il giusto impegno e i giusti investimenti, il biometano può diventare un carburante verde di successo, accelerando la transizione verso un futuro sostenibile e contribuendo significativamente alla riduzione delle emissioni di gas serra.


Le buone pratiche

Aisa Impianti produce biometano, Centria lo mette in rete, le famiglie lo usano. La collaborazione tra le due aziende era iniziata nel 2021 con la richiesta di Aisa Impianti di potersi connettere alla rete di distribuzione del gas naturale di Centria. L'azienda aretina che gestisce l'impianto di recupero integrale dei rifiuti a San Zeno produce biometano attraverso la "digestione" della cosiddetta Forsu, acronimo che indica la frazione organica del residuo solido urbano. L'immissione di biometano in rete prevede un valore massimo di portata pari a 330 Smc/h per circa 8mila Smc al giorno. Quest'ultimo è un altro acronimo (Standard metri cubi) che indica l'unità di misura del volume del gas in condizioni di temperatura e di pressione standard. In parallelo ai lavori sviluppati da Aisa Impianti per la costruzione dell'impianto di produzione, nel corso del 2022 Centria ha realizzato l'impianto di connessione che è funzionale al collegamento dell'impianto di produzione alla rete di distribuzione del gas naturale ed assicura il controllo dei parametri di sicurezza del biometano prima di essere immesso al consumo. A fine 2023 l'impianto Aisa Impianti è stato collegato alla rete di distribuzione del gas naturale della città di Arezzo e, a valle di una specifica procedura di avviamento e di analisi della qualità del biometano prodotto, lo scorso 15 dicembre 2023 è stata effettuata la prima immissione di biometano. La stima è che, con le quantità attuali, possano essere soddisfatti i fabbisogni annui di almeno 2mila famiglie. L'uso può essere anche per gli autoveicoli a metano.

Inaugurato a Legoli di Peccioli (Pisa), il nuovo impianto di Albe, joint venture tra Alia Multiutility (50%) e Belvedere (50%), destinato al recupero della frazione organica dei rifiuti solidi urbani. Entra in funzione un biodigestore anaerobico in grado di trattare annualmente 97mila tonnellate di rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata della frazione organica, oltre a 8mila tonnellate di verde derivante da sfalci e potature, che daranno origine a otto milioni di metri cubi di biometano e a 18mila tonnellate di compost per l'agricoltura. Il nuovo impianto di Peccioli, insieme a quello simile inaugurato lo scorso maggio a Montespertoli (Firenze), «consentirà l'autosufficienza dei comuni della Toscana centrale e di quella costiera, che potranno dunque trattare internamente il 100% di frazione organica da rifiuti solidi urbani e verde. Si apre così una nuova fase: quella dell'indipendenza nella gestione dei rifiuti organici con un ruolo, per i territori coinvolti, da assoluti protagonisti nella produzione di energia pulita grazie al biometano e al compost, chiudendo la catena dell'economia circolare, soprattutto perché il biogas è un importante contributo per ridurre la dipendenza nazionale dalle importazioni e consentire il passaggio da un'economia basata sui carburanti fossili ad una più pulita e sostenibile". Per il sindaco di Peccioli Renzo Macelloni, «il sito industriale in località Belvedere conferma il suo ruolo strategico all'interno del sistema di smaltimento e trattamento dei rifiuti della Regione Toscana: da sempre stiamo lavorando alla costruzione di un polo di interesse pubblico in partnership con aziende strategiche che hanno la nostra stessa missione».

L'Italia presenta il Piano per l'energia e il clima

Le rinnovabili in Italia raggiungeranno una potenza di 131 gigawatt nel 2030 e rappresenteranno il 39,4% del totale partendo dal 19% rilevato nel 2022 e le emissioni e gli assorbimenti del gas serra supereranno gli obiettivi previsti dalle regole europee di FitFor55. Sono due degli obiettivi contenuti nell'aggiornamento del Pniec-Piano per l'energia e il clima che l'Italia ha presentato a Bruxelles e che per la prima volta prevede una specifica sezione dedicata ai lavori della Piattaforma Nazionale per un Nucleare Sostenibile: si ipotizza un'integrazione con le rinnovabili che da sola potrebbe rappresentare, nel 2050, l'11% dell'energia prodotta con una possibile proiezione al 22%. «È uno strumento programmatorio che traccia con grande pragmatismo la nostra strada energetica e climatica, superando approcci velleitari del passato», sostiene il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, che sottolinea in particolare «lo scenario sull'energia nucleare, sia da fissione nel medio termine (a partire dal 2035) che da fusione (a ridosso del 2050), che ci fa guardare avanti a un futuro possibile».

Ma non ci sarà solo il nucleare. Il piano italiano guarda a tutti i settori di produzione energetica, anche ai combustibili rinnovabili come il biometano e l'idrogeno che insieme all'utilizzo di biocarburanti possono contribuire alla decarbonizzazione del parco auto esistente. Nei vari capitoli ci sono poi la diffusione di auto elettriche, una riduzione del traffico, la cattura e stoccaggio di Co2 e l'elettrificazione dei consumi finali, con un crescente peso nel mix termico rinnovabile delle pompe di calore. L'area con performance più alte - viene spiegato - è quella delle fonti energetiche rinnovabili. I 131 gigawatt previsti al 2030 deriveranno per il 79,2% dal solare, il 28,1% dall'eolico, il 19,4% dall'idrico, 3,2% dalle bioenergie. Un gigawatt sarà di fonte geotermica. In totale la quota di energia da queste fonti sarà portata al 39,4% rispetto ai consumi finali lordi di energia. ma se si considerano i soli consumi finali del settore elettrico si raggiungerà il 63%. L'idrogeno da rinnovabili, poi rappresenterà il 54% del totale dell'idrogeno usato nell'industria, rispetto allo zero rilevato nel 2022: un vero balzo. C'è poi l'assorbimento di gas: l'Italia prevede di superare l'obiettivo del "FitFor55" riguardante gli impianti industriali vincolati dalla normativa Ets, arrivando al -66% rispetto ai livelli del 2005 contro un obiettivo europeo di -62%. Anche nei settori "non-Ets" (civile, trasporti e agricoltura) si registra un sostanziale miglioramento degli indicatori emissivi e per raggiungere i target europei ad oggi ancora troppo sfidanti sarà necessario profondere ulteriori energie: lo scenario di policy prevede un -40,6%, rispetto ad un 'tendenziale del 29,3% e un obiettivo Ue di -43,7%. Sul fronte della sicurezza energetica, si registra una netta riduzione della dipendenza da altri Paesi favorita dalle azioni di diversificazione dell'approvvigionamento e dall'avvenuta pianificazione di nuove infrastrutture e interconnessioni. Per quanto riguarda la dimensione del mercato interno dell'energia, si prevede di potenziare le interconnessioni elettriche e il market coupling con gli altri Stati membri, nonché sviluppare nuove connessioni per il trasporto di gas rinnovabili, rafforzando il ruolo dell'Italia come hub energetico europeo e corridoio di approvvigionamento delle rinnovabili dell'area mediterranea. Inoltre, il Pniec dà priorità agli obiettivi nazionali di Ricerca, Sviluppo e Innovazione al fine di accelerare l'introduzione sul mercato di quelle tecnologie necessarie a centrare i target definiti dal Green Deal nonché rafforzare la competitività dell'industria nazionale.

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