Stefano Caccavari con due agricoltori nei campi di grano calabresi
Non capita tutti i giorni di raccontare la storia di un ragazzo che non sogna la Silicon Valley ma di far rinascere l'ultimo mulino a pietra della sua Calabria; che non inventa app o prodotti digitali innovativi ma si batte per difendere la preziosa (e sana) tradizione dei grani antichi locali; che in appena quattro mesi, e con 500mila euro raccolti sul web, riesce a fare tutto questo. E anche di più.
Il protagonista di questa storia fatta di sentimenti, talenti e agricoltura è Stefano Caccavari, una laurea in Economia aziendale in tasca e nel cuore l'amore per la terra in cui è nato e cresciuto 28 anni fa: quella di San Floro, nel Catanzarese, dove fino al 1961 splendeva al sole una vallata di spighe che qui chiamavano, per via dei mulini che la punteggiavano, la “Valle dei Mulini”.
Agli inizi del 2016, forte dei successi raccolti a San Floro con il progetto “Orto di famiglia” (che ha permesso a 150 famiglie di raccogliere frutta e verdura di stagione da piccoli orti presi in affitto), Stefano si mette in testa di “salvare” l'ottocentesco macinatoio a pietra della valle, in procinto di essere ceduto dal vecchio mugnaio ad alcuni imprenditori senesi, e, così, il 14 febbraio lancia un appello su Facebook. Purtroppo il salvataggio fallisce ma, inaspettatamente, sui social sono in tanti a raccogliere l'invito: 100 persone che, da ogni parte del mondo, vogliono aiutarlo a realizzare quello che, evidentemente, è anche un loro sogno.
L'iniziale idea cambia dunque forma: il mulino va costruito ex novo. Partendo da un rustico di famiglia con sette ettari di terreno in località Torre del Duca, si decide di realizzare un mulino biosostenibile con tanto di macine in pietra naturale Le Fertè – sous - Jouarre (che, macinando lentamente, impediscono alla farina di surriscaldarsi e perdere le qualità nutrizionali), con una ruota idraulica e due forni. La raccolta fondi ci impiega pochissimo per raggiungere la cifra record di 500mila euro mentre Stefano arricchisce il progetto con il recupero dell'antica filiera del grano calabrese. Il 23 maggio, davanti a un notaio di Catanzaro, nasce la “Mulinum srl” che conta 101 soci tra cui l'epidemiologo Franco Berrino e l'Istituto diocesano per il sostentamento del clero di Catanzaro: quest'ultimo con un investimento di 5mila euro e la volontà di riconvertire tutti i terreni in coltivazione a grano per dare lavoro ai giovani. “Quasi tutti gli ortisti sono coinvolti”, spiega l'imprenditore, “molti hanno perfino intestato le quote ai figli”.
Il primo mulino a pietra naturale certificato bio ha cominciato a funzionare nel gennaio scorso con il grano conferito da un centinaio di contadini della zona, ma da mesi fioccavano le richieste di privati e di panificatori professionali. “La farina che produciamo e che – altra eccezionalità di Mulinum - diventa direttamente prodotto da forno, è fatta con grano antico come il “Senatore Cappelli”, che fa parte della storia della Calabria. Usiamo i grani dei nostri bisnonni: non modificati geneticamente e con qualità che variano da zona a zona. E' vero che rendono meno rispetto alle colture di quelli moderni, ma sono più genuine”.
Il ragazzo ha le idee chiarissime: “Voglio ridare ossigeno alla lavorazione delle farine, del pane e di tutti i derivati, tra cui la pizza; voglio difendere la mia terra producendo cibo buono e sano e voglio incentivare la vera vocazione del nostro territorio: l'agricoltura. Puntiamo a replicare Mulinum, pizzerie e forni compresi, nelle altre regioni italiane e, perché no, in tutta Europa”. Intanto, grazie alla
Mulinum Card, la farina può essere prenotata e ricevuta ovunque, anche all'estero, a prezzi scontati.
Il recente rapporto Ismea-Svimez ha messo l'accento sul ruolo dell'agricoltura e dei giovani imprenditori agricoli nella ripresa del Mezzogiorno: sotto questo aspetto la Calabria è stata considerata tra le più “virtuose”.“Una delle nostre maggiori soddisfazioni è l'aver cominciato ad assumere personale”, aggiunge Stefano, convinto che “la Calabria è per superficie la seconda regione in regime di agricoltura biologica dopo la Sicilia: ciò significa che possiamo diventare l'orto biologico d'Europa, possiamo creare migliaia di posti di lavoro ed educare le persone a mangiare meglio”.