Pezzi di Parmigiano Reggiano in vendita al mercato di Burlington, nel Massachussetts
La lista di merci europee su cui gli Stati Uniti applicheranno i dazi dopo il via libera dell’Organizzazione mondiale del commercio ( Wto) è oggettivamente migliore di quanto l’Italia potesse aspettarsi. Nell’elenco pubblicato dal Rappresentante americano per il Commercio (Ustr) ci sono tasse del 10% su aerei e componenti dai paesi del consorzio Airbus (di cui l'Italia non fa parte) e dazi del 25% su alcuni formaggi – compresi Grana Padano, Parmigiano Reggiano e Provolone – ma a conti fatti è più il Made in Italy che si salva rispetto a quello che sarà colpito dalle nuove tasse americane.
Alcuni prodotti italiani inclusi nelle liste pubblicate dall’Ustr nei mesi scorsi sono stati esentati dai dazi e, paradossalmente, potrebbero essere avvantaggiati dalle nuove tasse del 25%, perché colpiranno i rivali. È ad esempio il caso del vino, che vale poco meno di 1,5 miliardi di export alimentare italiano negli Stati Uniti. Washington ha previsto nuove tasse sui vini di Francia e Spagna, nazioni che fanno parte del consorzio Airbus, lasciando fuori solo lo champagne. Il dazio dà così un vantaggio competitivo sui prezzi ai nostri vini.
Anche per l’olio italiano ci sono opportunità impreviste di espansione americana, mercato dove già esporta per 450 milioni di euro, dal momento che i dazi colpiranno l’olio di oliva spagnolo (leader del mercato) e non il nostro. L’Italia ha anche altre esclusioni importanti. Come quella del pecorino “da grattugiare”, salvato dai dazi a differenza di quello da tavola: più della metà della produzione del Pecorino romano Dop va negli Stati Uniti, sono 120-130 tonnellate di formaggio che valgono 100 milioni di euro di fatturato annuo fondamentale per la sopravvivenza di una filiera già in difficoltà. Sono salvi anche il prosciutto (esclusi mortadella e altri insaccati) e l’abbigliamento, che fa 1,6 miliardi di export negli Usa.
Chi invece non ha schivato i dazi fa la stima dei danni. Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio del Parmigiano Reggiano, calcola che con le nuove tasse il prezzo del Parmigiano negli Usa passerà da circa 40 a oltre 45 dollari al chilo. Difficile valutare quanto il rincaro scoraggerà i clienti. «Faremo del nostro meglio affinché i consumatori americani siano consapevoli del valore della nostra Dop, così che siano disposti a spendere qualche dollaro in più per avere in tavola l’autentico Re dei Formaggi» spiega Bertinelli.
Difficile calcolare anche quanto costeranno i dazi sui liquori, che fanno 75 milioni di euro di export negli Stati Uniti. Secondo una stima di Federalimentare le tasse ridurranno di circa il 15% l’export agroalimentare italiano negli Usa, vale a dire circa mezzo miliardo di euro sui circa 45 di export annuale.
L’Ustr conta di applicare i dazi dal 18 ottobre e ribadisce che la lista può essere modificata in una trattativa con la Commissione europea. A Roma e a Bruxelles si lavora su due piani. Da un lato il sostegno ai produttori danneggiati, dall’altro il negoziato con Washington. «Faremo di tutto per limitare i danni, anche all’interno dell’Ue» confermava ieri Giuseppe Conte. Teresa Bellanova, ministro dell’Agricoltura, propone la creazione di un fondo europeo per azzerare l’effetto dei dazi. L’europarlamentare ed ex ministro Paolo De Castro, coordinatore dei socialisti alla commissione Agricoltura del Parlamento europeo, ha chiesto la convocazione urgente di Cecilia Malmström e Phil Hogan, rispettivamente attuale e prossimo commissario al Commercio, per discutere di misure di sostegno alle aziende danneggiate e della strategia che la Commissione intende portare avanti nelle trattativa con gli Stati Uniti.
Fra 8 mesi anche Bruxelles dovrebbe avere il via libera dalla Wto per applicare 4 miliardi di dollari dazi sulle merci Usa a causa degli aiuti pubblici incassati da Boeing. Presto Bruxelles avrà diritto di imporre contromisure, ha ricordato il portavoce della Commissione europea, e a quel punto anche gli Stati Uniti avranno più interesse a trattare una pace commerciale. «Contribuire a un diverso equilibrio internazionale – ha detto il presidente Sergio Mattarella – passa anche dal sostegno alla domanda, stemperando le tensioni che si addensano sui rapporti commerciali, le cui conseguenze in termini di contrasti doganali sarebbero negative per tutti».