IMAGOECONOMICA
Il futuro della bevanda più amata dagli italiani è stato al centro del convegno nazionale sul caffè tenutosi a Belforte del Chienti, in provincia di Macerata, nel campus di Simonelli Group, azienda leader nella produzione di macchine professionali per caffè con sede nel piccolo comune dell’entroterra marchigiano. Nel corso della mattinata i delegati delle principali aziende italiane del settore si sono confrontati in quello che è stato un importante momento di riflessione sullo stato del mercato e sulle sue possibili evoluzioni, affrontando il tema dal punto di vista macroeconomico, sociologico, culturale, produttivo e, non ultimo, ambientale. A guidare il dibattito gli interventi di vari relatori.
Cosimo Finzi, sociologo e direttore di Astra Ricerche, si è focalizzato sul ruolo del caffè nella vita degli italiani; Maurizio Mutti, ricercatore di Gfk Consumer panel cluster lead, ha parlato dei mutamenti del comportamento di acquisto del caffè; Rossella Sobrero, presidente di Koinètica, si è soffermata sull’importanza della sostenibilità e della sua comunicazione mentre Gian Luca Gregori, rettore dell’Università politecnica delle Marche, ha analizzato il contesto di riferimento industriale, composto sia da grandi aziende che da piccole torrefazioni.
Il comparto italiano del caffè gioca infatti un ruolo cardine all’interno dell’industria alimentare del nostro Paese: con i suoi 7mila addetti ed un fatturato superiore ai 4 miliardi di euro, l’Italia è tra i primi esportatori al mondo di caffè torrefatto con circa 5,8 milioni di sacchi (346,7 milioni di Kg). Un settore solido, che però ha risentito degli effetti della pandemia e del cambio delle abitudini di consumo nei periodi di chiusure. La prolungata interruzione delle attività dei locali e l’impennata del lavoro da casa, se da un lato hanno contribuito alla crescita del consumo domestico di capsule e cialde, dall’altro hanno determinato, inevitabilmente, un forte calo dei consumi di caffè nei bar. A partire dal 2021 la situazione ha cominciato a tornare alla norma-lità, ma le nuove sfide globali richiedono la messa a punto di nuove strategie commerciali ed industriali.
Prima tra tutte la necessità di differenziare il prodotto, soprattutto per quel che riguarda il consumo nei bar: una tazzina di caffè ha infatti prezzi simili a prescindere dalla marca del prodotto e dalla sua qualità. Un modo di consumare questo bene che allontana il consumatore dal brand e che rende il caffè a tutti gli effetti una “commodity”, ossia una merce di cui c’è una forte domanda ma che viene offerta senza differenze qualitative sul mercato. Questo scenario dà spazio a grandi margini di crescita, come è avvenuto ad esempio nel settore della birra, in cui il proliferare di nuove tipologie di prodotto altamente differenziate ha generato una forte varietà nell’offerta e un rinnovato interesse da parte dei consumatori.
7 mila
Il numero di addetti del comparto italiano del caffè per un fatturato complessivo che supera i 4 miliardi di euro
346milioni
I kg di caffè esportati. L’Italia è tra i primi Paesi esportatori al mondo di caffè torrafatto
95milioni
Il numero di tazzine di caffè che mediamente vengono sorseggiate ogni giorno dagli italiani
7
La posizione in classifica in cui si trova l’Italia a livello mondiale per il consumo di caffè
15mila
Il calo del numero dei bar in Italia rispetto a dieci anni fa (la diminuzione più sostenuta è avvenuta nella fase Covid)
Una situazione che è già realtà in molti Paesi, in cui il caffè viene proposto più come un prodotto da gustare e meno come una bevanda energizzante e vengono enfatizzate le qualità specifiche di ogni miscela. Una sfida che vale la pena cogliere in quello che è il settimo Paese al mondo per consumo di caffè, con ben 95 milioni di tazzine sorseggiate ogni giorno dagli italiani.