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Consumiamo di più? Non tutti, anzi dall’Osservatorio di Findomestic emerge che quest’anno non si è acquistato di più rispetto al 2022, perché i prezzi medi sono saliti per effetto dell’inflazione. E se è vero che c’è stato un aumento degli acquisti dei beni durevoli di qualità, come Iphone, auto di alta gamma o elettrodomestici ad alto efficientamento energetico, questi consumi hanno coinvolto solo le famiglie che hanno grandi capacità di spesa; mentre la crisi tiene ancora in scacco il ceto medio e le famiglie meno abbienti che faticano ad accantonare a fine mese, o comunque se riescono a risparmiare fanno una scelta conservativa in vista di spese straordinarie.
E anche per quanto riguarda gli investimenti, come conferma la Banca di Italia, nel settore privato sono frenati dal rialzo dei costi di finanziamento, da condizioni più rigide di accesso al credito e dall’esaurirsi degli effetti legati agli incentivi al settore edilizio.
Tornando alle stime dell’Osservatorio Findomestic 2023, realizzato dalla società di credito al consumo del Gruppo Bnp Paribas in collaborazione con Prometeia, istituto indipendente per la ricerca economica, che tiene in considerazione dati degli ultimi 30 anni, sottolineando da un lato che l’incidenza dei beni durevoli sui consumi totali, al netto dell’inflazione, è passata dal 6,2% al 9,2% e dall’altro segnalando che i consumi totali quest’anno sono tornati ad avvicinarsi ai livelli pre-Covid.
Va detto che la spesa delle famiglie italiane in beni durevoli a fine anno supererà per la prima volta la soglia dei 75 miliardi di euro, con una crescita del 2,3% in volumi e del 9,4% in valore, sul quale incide un aumento medio dei prezzi pari al 7%. Anche per quest’anno la Lombardia vale quasi il 20%, oltre 15 miliardi: più del doppio delle quattro regioni che seguono nella graduatoria quasi appaiate, in particolare Lazio (7,4%), Veneto (6,9%), Emilia Romagna (6,8%), Piemonte (6,5%). «Ma dove vive anche il doppio delle popolazione rispetto alle altre regioni menzionate» ha precisato Claudio Bardazzi, responsabile dell’Osservatorio Findomestic. Se in valore assoluto la Lombardia è al top, il valore dei consumi dei beni durevoli è in crescita a doppia cifra in sei regioni italiane, sopra tutte Lazio e Toscana (+10,8%); seguono Lombardia (10,5%), Valle d’Aosta (+10,4%), Emilia-Romagna e Liguria (entrambe a +10,1%).
A determinare quest’andamento è soprattutto l’accelerazione del mercato della mobilità, in recupero del 18,8% sull’anno scorso per un fatturato di 41,5 miliardi grazie a una netta inversione di tendenza del settore auto, che non riesce tuttavia a colmare il gap in volume rispetto al pre Covid. E come sottolinea ancora Bardazzi «la crescita dell’usato nasconde anche la sofferenza economica di tante famiglie, che non potendo, rispetto al passato, comprare il nuovo per i prezzi cresciuti del 35% ripiegano su un’auto usata»; ragionamento simile viene fatto anche per il comparto moto che cresce e per alcune famiglie «lo scooterone rappresenta l’alternativa alla seconda o alla terza auto».
Sostanzialmente stabile, invece, il settore casa, che chiuderà il 2023 a -0,3% per un valore di 33,5 miliardi, con un’espansione del 4,9% dei grandi elettrodomestici (lavatrici +8,8%, cappe per la cucina +10,8% e wine cabinets +10,8% su tutti) e un incremento del 2,3% dei mobili che controbilanciano i forti cali dell’elettronica (-24,8%, su tutte tv e decoder) e dell’information technology (-6%), con il calo per l’acquisto di pc portatili (-16,6%) e tablet (-6,7%).
Se per il 2024 il responsabile dell’Osservatorio Findomestic ha prospettato che quanto meno all’inizio dell’anno permanga questo rallentamento nei consumi, considerando che «le famiglie meno abbienti e quindi le più colpite dall’inflazione che impatta soprattutto sui beni comprimibili hanno pochi margini di manovra per poter cambiare comportamento di consumo» la Banca d’Italia nella nota di aggiornamento delle proiezioni macroeconomiche per l’Italia nel quadriennio 2023-26 ha prospettato che l’inflazione al consumo sarebbe pari al 6% nella media di quest’anno e diminuirebbe nettamente in seguito, collocandosi in media sotto al 2% per tutto il prossimo triennio: 1,9% nel 2024; 1,8% nel 2025; e 1,7% nel 2026.