La Corte dei Conti ritiene che la delega sulla riforma fiscale poggi su mezzi di copertura «incerti, limitati e talora superati dagli eventi» e invita pertanto il governo a esplorare nuove fonti di finanziamento. Lo dice il presidente
Luigi Giampaolino nel corso dell'audizione in commissione Finanze a Montecitorio.La Corte parte dalla considerazione che nella manovra da 54 miliardi per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013 il governo ha alzato di un punto percentuale l'aliquota Iva al 20%. Ma proprio l'aumento delle imposte indirette è una delle principali fonti di copertura citate dalla delega per ridurre l'imposta sulle persone fisiche. Questa decisione ha comportato di conseguenza «un'ulteriore restrizione degli spazi utilizzabili dal riformatore fiscali».«Occorre domandarsi se le incertezze che gravano sulla copertura del provvedimento non rendano necessario esplorare fonti di gettito nuove, in direzione di basi imponibili personali o reali che non insistano su lavoro e su imprese, anche nella consapevolezza che la strada di una riduzione del perimetro della spesa sociale risulta difficile da percorrere e rischia di produrre effetti non diversi da quelli non diversi derivanti da un prelievo eccessivo e distorto», ha continuato Giampaolino.La Corte invita inoltre il governo ad approvare in tempi brevi delega e decreti attuativi per evitare che scatti la cosiddetta clausola di salvaguardia. La delega dovrà infatti non solo riformare il fisco italiano ma ridurre il deficit di 4 miliardi nel 2012, 16 nel 2013 e 20 nel 2014. Se la riforma non sarà operativa entro il 30 settembre 2012, il governo dovrà ridurre in modo mirato le circa 600 agevolazioni fiscali e assistenziali che privano l'Erario di oltre 160 miliardi l'anno.«Va, pertanto, evitato che risulti inevitabile l'attivazione della clausola di salvaguardia del taglio automatico e lineare delle agevolazioni», ha continuato Gianpaolino.La Corte dei Conti ricorda anche che questa iniziativa di riforma fiscale risponde «alla insoddisfazione per un sistema tributario» evidenziando il forte tasso di evasione «fino al 18% del Pil, che vede il nostro Paese al secondo posto nella graduatoria internazionale guidata dalla Grecia», l'elevata pressione fiscale, «ormai proiettata oltre il 43%), che colloca l'Italia al 4° posto nella graduatoria dei 27 Paesi Ue», e di una distribuzione «che penalizza i fattori produttivi rispetto alla tassazione dei consumi, dei patrimoni e delle rendite (l'Italia è al primo posto per il prelievo gravante sui redditi da lavoro e sui redditi d'impresa, al ventiquattresimo posto per il prelievo sui consumi)».