Una centralina che produce energia dalle onde
Energia e lavoro possono arrivare dal mare. L'Italia sarebbe anche favorita. Non solo perché è al centro del Mediterraneo e ha 8mila chilometri di costa. La Sardegna, per esempio, è l’area dell’intero Mediterraneo che potrebbe produrre più energia dal mare, con un potenziale di 13 kW per metro di costa, un valore molto simile agli Stati dell'Unione Europea più all’avanguardia nello sviluppo di questa fonte rinnovabile come la Danimarca. Il primato nell’isola spetta soprattutto all’area sud-ovest e nord-occidentale nei pressi di Alghero. È quanto emerge da un’analisi dell’Enea, secondo cui il maggiore potenziale energetico del mare della Sardegna occidentale è il doppio rispetto a quello del Canale di Sicilia (7 kW/m), oltre tre volte superiore ai 4 kW per metro di costa del basso Tirreno, più che quadruplo di quello di Ionio e Medio Tirreno (3 kW/m) e di circa 6 volte quello del Mar Ligure (2,5Kw/m) e dell’Adriatico (2 kW/m in media).
«La Sardegna dispone di un enorme giacimento di energia rinnovabile, tutto ancora da sfruttare», sottolinea il ricercatore Enea, Gianmaria Sannino, responsabile del Laboratorio Modellistica climatica e impatti e delegato nazionale al Temporary Working Group “Ocean Energy” del Set-Plan (Strategic Energy Technology Plan), che ha curato lo studio. «Abbiamo calcolato – prosegue Sannino - che un mini parco marino da 3
MW, realizzato con gli attuali dispositivi offshore al largo di Alghero, potrebbe produrre oltre 9,3 GWh/anno, riuscendo a soddisfare il fabbisogno di energia elettrica di oltre 2mila famiglie».
Secondo le stime dell'Ue al 2050, investire nell’energia dal mare permetterebbe di creare in Europa un mercato da oltre 50 miliardi di euro l’anno e 450mila nuovi posti di lavoro, con un significativo impatto sul fronte decarbonizzazione, grazie a un taglio delle emissioni di CO2 di oltre 270 milioni di tonnellate.
«Attualmente la produzione di energia dalle onde soddisfa lo 0,02% della domanda energetica in Europa - aggiunge Sannino - ma se, come previsto, si arrivasse a coprire il 10% del fabbisogno energetico europeo entro il 2050 con lo sfruttamento combinato anche delle maree, sarebbe possibile produrre energia per due intere nazioni come Francia e Grecia, oppure sostituire 90 centrali elettriche a carbone, ossia un terzo degli impianti europei attualmente in funzione. Inoltre, si ridurrebbe in modo significativo la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, che oggi genera una bolletta da 400 miliardi di euro l’anno, dovendo coprire oltre il 50% dei consumi».
«Finora – commenta Sannino - le imprese europee impiegate nello sfruttamento di energia da onde e maree, circa il 50% sul totale mondiale, hanno investito oltre 600 milioni di euro, una cifra destinata ad aumentare rafforzando la leadership del nostro Continente in questo settore. In questo comparto il nostro Paese è all'avanguardia. Una centralina è stata allestita da due anni al largo di Pantelleria, mentre il 22 settembre abbiamo organizzato un workshop per le aziende italiane».
Sul fronte dei costi, produrre 1kW/h di energia dalle onde passerà da 0,2 €/kWh nel 2025 a 0,1 €/kWh nel 2035. «Per centrare questi obiettivi in un settore come quello dell’energia dal mare, che è ancora in una fase precommerciale – aggiunge il ricercatore Enea - bisogna investire in ricerca e tecnologia, proseguendo il trend avviato da Horizon 2020, che ha stanziato 130 milioni di euro, e della Banca europea per gli investimenti, che lo scorso anno ha investito per la prima volta nel settore. Ma occorre agire anche sull’incentivazione: in Italia, ad esempio, dal 2016 si sostiene la produzione di energia elettrica da moto ondoso e maree con un contributo pubblico pari a 300 euro MW/h, il più elevato dopo quello per il solare termodinamico».
Gli ultimi sviluppi tecnologici dei convertitori di energia dalle onde hanno dimostrato come sia possibile
sfruttare al meglio questa risorsa energetica, che rispetto al solare e all’eolico, può contare su un sistema di accumulo naturale di energia costituito dalle onde stesse. In Italia, Enea e Politecnico di Torino stanno
lavorando allo sviluppo del Pewec (Pendulum Wave Energy Converter), una tecnologia pensata per le coste mediterranee dove le onde sono di piccola altezza ed elevata frequenza. I ricercatori sono al lavoro per la progettazione del dispositivo in scala 1:1, con una potenza nominale di 200 kW, che potrebbe risultare molto utile per le tante isole italiane nelle quali la fornitura di energia è garantita principalmente da costose e inquinanti centrali a gasolio.
«Una decina di questi dispositivi – conclude Sannino – potrebbero produrre energia elettrica per un paese di 3mila abitanti, contribuendo in modo significativo anche a contrastare i fenomeni di erosione attraverso la riduzione dell'energia delle onde sulla costa e senza impattare in maniera significativa sul paesaggio, visto che i dispositivi sono parzialmente sommersi».