Non basta stabilire, come ha fatto la Commissione europea, che almeno il 37% dei fondi di finanziamento dei piani nazionali di ripresa e resilienza debbano essere impiegati per la transizione ecologica. Conterà soprattutto come li si investirà, attraverso quali strumenti, sciogliendo quali lacci burocratici. Il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, lo dice esplicitamente: «L’Europa ci chiede di cambiare il paradigma e di passare dall'economia lineare all’economia circolare, che è l’economia green». Quella in grado di "Ri-generare" – come recita il tema del Festival dell’Economia Civile qui a Firenze – non solo le materie prime impiegate ma anche il capitale umano, ri-generare il lavoro, attivare capitali e persone per progetti di bene comune.
E allora, certo, occorre partire dall’inserire nei progetti, oltre alla valutazione dell’impatto economico «anche il valore dell’ecologia. E l’intervento pubblico deve accompagnare questo processo. Il Recovery plan italiano lo farà», dice Costa. Ecologia che – ricorda Marco Tarquinio, direttore di Avvenire introducendo il confronto su "Salute e ambiente, il Ben-vivere delle province italiane" – non è semplice difesa dell’ambiente ma dev’essere «integrale», coinvolgere cioè la dimensione umana e sociale, come ha spesso sottolineato papa Francesco. Aspetti ampiamente considerati nell'indagine appunto sul Ben-vivere nei territori di Avvenire, svolta in collaborazione con la Scuola di Economia Civile e il supporto di Federcasse, presentata ieri mattina qui al Festival a Palazzo Vecchio. Ma seppure si inizia, come dimostra questa iniziativa, a misurare le metriche degli impatti ambientali e della generatività, c’è ancora molto da fare per indirizzare in maniera corretta gli investimenti per la transizione verso la sostenibilità della nostra economia.
Servono, come sottolinea Giovanna Melandri, presidente per l’Italia della Social impact agenda, «fondi pubblici impiegati su obiettivi strategici di cui siano valutabili gli impatti ambientali e gli effetti di leva imprenditoriale». Ma sono necessari anche interventi regolatori che non impediscano e invece facilitino gli investimenti e il supporto della finanza alla transizione verde. «Occorre anzitutto investire per rafforzare la resilienza delle micro e piccole imprese agli choc economici – entra più nel concreto Sergio Gatti, direttore di Federcasse –. Poi creare un registro digitale europeo e italiano sulla sostenibilità delle aziende, per evitare che le banche si trovino a non poter concedere credito a imprese di cui non sono certe le caratteristiche di sostenibilità. Infine, incentivare la rendicontazione di sostenibilità ambientale e sociale da parte delle stesse piccole e medie imprese».
Ri-generare l’economia passa anche e soprattutto dalla ri-generazione dei territori e delle persone che vi abitano. Come dimostrano le esperienze di "Risorgimarche" – nata per ricucire le ferite del terremoto del 2016 attraverso l’animazione con spettacoli e turismo "lento", hanno spiegato Neri Marcorè e Gianbattista Tofoni – o le iniziative culturali, imprenditoriali e sociali promosse nel rione Sanità di Napoli da padre Antonio Loffredo: musica, teatro, apertura delle catacombe che sono diventate assieme occasione di arricchimento culturale, leva di inclusione sociale, occasione di lavoro, valorizzazione del territorio e dell’economia locale.
La logica è quella dei talenti investiti, e non semplicemente messi a rendita per sé stessi, che si ritrova anche nei progetti scolastici di sostenibilità ambientale e di economia civile che il Festival ha promosso e selezionato, assieme a sette start-up di sviluppo sostenibile. Criteri su cui oggi si misureranno pure i Comuni che hanno realizzato piani di sostenibilità generativa per i propri cittadini. Il Festival nazionale dell’Economia Civile si chiude oggi con l’intervento via web del presidente del Consiglio, Antonio Conte. Ma questa seconda edizione – che ha prodotto la Carta di Firenze con l’impegno a misurarsi sulle sfide del dopo pandemia – lascia già un seme fecondo di cambiamento.